
Cita Victor Hugo e dice di sentirsi «come un chicco di grano nella macina, mentre la macina gira», Mario Occhiuto, nell’intervista rilasciata a Il Giornale. Una frase potente per esprimere il dolore devastante che lo accompagna da quando, il 21 febbraio scorso, suo figlio Francesco, 30 anni, si è tolto la vita gettandosi dalla finestra dell’ottavo piano dell’abitazione di famiglia.
L’ex sindaco di Cosenza e attuale senatore di Forza Italia si apre in un commovente racconto con Hoara Borselli, condividendo il rapporto profondo che aveva con il figlio: «Io ero il suo unico confidente. Diceva a me i suoi pensieri e le sue paure. Le sue strategie per evitare ricadute». Il giovane, psicologo, combatteva da due anni con una sofferenza psichica: «Stava male da circa due anni. Ha avuto una prima crisi psicotica, poi una seconda». La terza, purtroppo, si è rivelata fatale.
Occhiuto parla anche della scelta del figlio di non assumere farmaci: «Diceva che erano medicine vecchie, degli anni settanta… Che toglievano le emozioni. Che erano dannosi». Un dolore che si fa costante: «Il dolore è costante, il pensiero è costante. E io non voglio che si affievolisca… Se avessi potuto io avrei voluto essere al suo posto».
Si colpevolizza, si interroga: «Io cercavo di sminuire, pensavo di tranquillizzarlo… Forse in questo ho sbagliato». E confida un pensiero intimo, profondo: «Ricongiungermi a lui». Ma trova una forma di forza nel legame familiare: «Anche senza dircelo ci teniamo per mano».
Ora, Occhiuto guarda avanti, con un progetto chiaro: combattere il silenzio sulle malattie mentali, troppo spesso coperte da stigma. «Nei prossimi mesi voglio occuparmi di questo. Penso anche a una fondazione da intitolare a Francesco».