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Ron Howard racconta Eden: “Sono introverso, racconto la voglia di fuggire dalla società”

Pubblicato: 06/04/2025 15:08

Ron Howard, il volto gentile di Richie Cunningham in Happy Days, è da tempo un regista affermato. A 71 anni, a cinquant’anni esatti dal debutto nella serie cult che lo rese celebre, torna al cinema con un’opera che parla al nostro tempo: Eden. Ambientato tra le Isole Galàpagos e l’Australia, è un racconto di utopia, isolamento e disillusione, con un cast di stelle internazionali: Jude Law, Ana De Armas, Vanessa Kirby, Daniel Brühl e Sydney Sweeney.

Il sogno dell’utopia oggi si chiama “disconnessione”

Il film, ispirato alla vicenda reale del filosofo Friedrich Ritter e della compagna Dora Strauch, ripercorre l’esperimento di vita fuori dal mondo avviato nel 1929 sull’isola disabitata di Floreana. Un’esperienza che presto si trasforma in un dramma corale, amplificato dall’arrivo di nuovi coloni e da una misteriosa baronessa con mire imprenditoriali.

«È una storia che mi risuonava dentro da anni – racconta Howard –. L’ho scoperta durante una vacanza alle Galàpagos e ho capito che volevo farne un film. Ha qualcosa dell’epica greca, ma anche il respiro dei romanzi russi e la tensione di un survival movie».

«Oggi – spiega il regista – questo desiderio di utopia prende la forma del bisogno di disconnettersi, di ripartire da zero. Una delle ricerche più frequenti su Google è proprio “off the grid”. Il mondo corre, la pressione sociale aumenta, e la tentazione di uscire dalla follia collettiva è fortissima. Ma non credo che fuggire sia la risposta».

Un progetto coltivato per 15 anni

Ci sono voluti quindici anni per portare Eden sul grande schermo. «Forse – ammette Howard – se l’avessi girato subito sarebbe stato un film diverso. Oggi è più in sintonia con il presente. La pandemia, le tensioni globali, la crisi climatica: tutto ci spinge a cercare un rifugio. Ma proprio per questo Eden è un film necessario adesso».

Un cast “coraggioso” per un film estremo

«Volevo attori disposti a mettersi in gioco – spiega –. Quelli di Eden interpretano personaggi complessi, spinti ai limiti». Tra questi, spicca la figura della baronessa interpretata da Ana De Armas, “una vera diva ante litteram, oggi sarebbe un’influencer o una donna d’affari”, ma anche quella di Margaret, donna del popolo costretta a scelte impreviste: “ha dimostrato una forza straordinaria”.

Il regista: «Sono un introverso, per questo non recito più»

Howard non ha mai rinnegato il suo passato da attore, ma confessa: «Non sono fatto per le luci della ribalta. Mi piace lavorare in gruppo, come accade sui set. Non mi sono mai sentito una primadonna, forse per questo mi identifico nei coniugi Wittmer del film, che credono nella famiglia e nei sacrifici».

«Non sono un maestro, ma un narratore appassionato»

Nonostante l’Oscar vinto con A Beautiful Mind, Howard non si considera un innovatore. «Mi affascinano i vostri De Sica e Rossellini, o maestri come Hitchcock e Scorsese. Io ho sempre voluto solo raccontare bene una storia, farla amare al pubblico tanto quanto la amo io».

Un’utopia possibile? «Scappare non basta, ma serve crederci»

La riflessione finale è tutta in chiave esistenziale. «La storia di Eden ci chiede: cosa avremmo fatto noi al loro posto? È questo il senso del cinema. Non ho risposte, ma credo ancora che l’ottimismo sia una scelta importante, oggi più che mai. Credo nelle persone, nell’umanità, e nelle storie che ci aiutano a capirla».

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