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Dazi, perché tutti ce l’hanno con Trump (anche i suoi amici)

Pubblicato: 07/04/2025 20:40

I mercati in rivolta, i grandi banchieri in allarme, Wall Street che affonda. Eppure il presidente insiste: “Con i dazi l’America si arricchisce”

New York, 7 aprile 2025 – È stata una delle giornate più caotiche per i mercati internazionali, ma anche una delle più logiche. A guidare l’altalena impazzita di Wall Street e delle principali Borse europee non sono state emozioni o isterismi, bensì un messaggio chiaro e univoco indirizzato a Donald Trump: basta con i dazi, la guerra commerciale non è un’opzione, è una catastrofe annunciata.

Il copione, pur nella sua apparente assurdità, è stato coerente. Trump, nel fine settimana e nelle prime ore di lunedì, ha ribadito con forza la sua linea dura: “Con i dazi l’America si arricchirà, i consumatori non ne soffriranno”. Un post mattutino ha poi completato il quadro: “I prezzi sono in calo, non c’è inflazione, stiamo incassando miliardi”. Un mondo immaginario, completamente scollegato dalla realtà, in cui solo il presidente sembra credere.

Il risultato? Un’ondata di crolli in Asia, con Hong Kong a -13,2% e Tokyo a -7,8%, seguita dal rosso profondo in Europa e negli Stati Uniti. Poi il colpo di scena: una presunta apertura del consigliere economico Kevin Hassett, che alla Fox avrebbe parlato di una moratoria di 90 giorni per i dazi (Cina esclusa). I listini rimbalzano, i mercati tirano il fiato. Ma è solo un abbaglio: arriva la smentita della Casa Bianca, seguita dal nuovo rilancio di Trump, che minaccia un altro 50% di tariffe su Pechino. Le Borse precipitano di nuovo: Milano -5%, Parigi -4,7%, Londra -4,3%, Francoforte -4,1%.

Ma non sono solo i grafici a parlare. A rendere evidente l’isolamento del presidente ci sono anche le reazioni sconcertate — e pubbliche — dei suoi stessi alleati economici. Il messaggio del giorno lo manda Elon Musk, che su X (ex Twitter) posta un video di Milton Friedman in difesa del libero mercato. Ma c’è di più: le banche globali — tra cui Bank of America, Barclays, Citi e HSBC — avrebbero tenuto domenica sera una call d’emergenza, allarmate da un’escalation che definiscono “guerra nucleare economica”. La stessa Federal Reserve si è riunita a porte chiuse, cercando di stimare l’impatto sistemico di una crisi commerciale totale.

A far tremare la Casa Bianca sono anche le parole di due pesi massimi del capitalismo americano. Jamie Dimon, capo di JpMorgan, nella sua lettera annuale agli azionisti, descrive una catena di disastri innescata dai dazi: inflazione, caduta del potere d’acquisto, frenata dei consumi, tagli agli investimenti, licenziamenti, calo del PIL. Il suo monito è netto: “Non so se andremo in recessione, ma di sicuro la crescita rallenterà. I mercati non dovrebbero dare per scontato un atterraggio morbido”.

Non è il solo. Larry Fink, ceo di Blackrock, va oltre: “La maggior parte dei ceo pensa che siamo già in recessione. I mercati potrebbero perdere un altro 20%”. E Bill Ackman, fondatore di Pershing Square, avverte: “Il presidente sta perdendo la fiducia dei leader aziendali. Gli effetti saranno gravemente negativi, soprattutto per i consumatori a basso reddito. Non è questo ciò per cui abbiamo votato”.

L’allarme, però, supera i confini americani. Il punto più preoccupante lo tocca ancora Dimon, che guarda all’Europa: “Se l’economia europea si indebolisce e si frammenta, si tornerà a un mondo simile a quello del pre-seconda guerra mondiale. I Paesi cercheranno altrove — Russia, Iran, Cina — le garanzie che Washington non offre più. Sarebbero vassalli economici”. Ackman lo conferma: “Con questi dazi stiamo distruggendo la fiducia globale verso gli Stati Uniti. E se il dollaro perdesse il suo status di moneta di riserva, le conseguenze sarebbero drammatiche”.

Un crollo sistemico, in cui gli stessi padri del capitalismo americano si sentono traditi da chi diceva di volerli difendere. Non è un caso che proprio Ackman lanci l’ultimo appello: “Il Presidente può ancora fermarsi. Serve una pausa di 90 giorni per ripensare tutto. In alternativa, ci stiamo dirigendo verso un inverno nucleare economico autoindotto. E dovremmo iniziare a rintanarci”.

Trump ascolterà? I mercati lo stanno già urlando. Ora tocca alla politica.

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