
Per la prima volta, in Germania, prende forma l’ipotesi che dietro agli attentati pre-elettorali degli ultimi mesi possa esserci una regia russa. Un’accusa gravissima, ancora senza prove definitive, ma che domenica è stata formulata esplicitamente dalla tv pubblica ZDF, sulla base di elementi investigativi e analisi di traffico web.
Il fatto più inquietante riguarda l’attentato del 31 maggio 2024 a Mannheim, dove un giovane afghano, Sulaiman Ataee, accoltellò l’esponente dell’estrema destra Michael Stürzenberger, uccidendo un poliziotto e ferendo altre quattro persone. Quattro giorni prima, da indirizzi IP localizzati in Russia, erano state effettuate ricerche mirate: sul nome di Stürzenberger e sulla frase chiave «Attacco con il coltello a Mannheim». Ma non solo: dagli stessi account risultano consultazioni delle mappe delle telecamere di sorveglianza nella piazza dove sarebbe avvenuto l’attacco.
Un portavoce della polizia federale ha confermato all’AFP che il governo indaga su «influenze straniere mirate» e la questione «viene presa seriamente». Anche Konstantin von Notz, presidente verde della commissione di sorveglianza dei servizi al Bundestag, ha chiesto l’apertura di una inchiesta parlamentare.
Nel frattempo, si susseguono attentati con caratteristiche simili: quello di Monaco, alla vigilia della Conferenza sulla Sicurezza, contro un corteo sindacale blindato; quello di Berlino, a 36 ore dalle elezioni del 23 febbraio, vicino al Memoriale dell’Olocausto. Azioni con impatto mediatico e simbolico altissimo.
L’obbiettivo di Mosca: alimentare l’estrema destra
Secondo fonti dell’intelligence, citate in un’inchiesta su Foreign Affairs firmata da Andrei Soldatov e Irina Borogan, l’obiettivo russo sarebbe alimentare l’estrema destra, notoriamente contraria al supporto militare tedesco all’Ucraina. Un alto funzionario dei servizi tedeschi afferma: «Agenti russi potrebbero aver istigato gli attacchi per spostare il consenso».
E c’è di più. A gennaio, due afghani residenti in Germania sono stati accusati di appartenere a una rete jihadista al servizio dell’intelligence russa. Mentre al processo nel Regno Unito contro la rete legata a Jan Marsalek, ex manager di Wirecard e uomo vicino ai servizi di Mosca, è emerso un inquietante scambio: Marsalek propone di «assumere un attentatore suicida dell’ISIS» per eliminare il giornalista d’inchiesta Christo Grozev.
Tutti gli attentatori emersi in questi mesi si muovevano nella galassia jihadista, ma le nuove inchieste rivelano un possibile intreccio operativo con Mosca. Le regioni siriane già controllate dall’Isis sono state riconquistate dal regime di Assad con il decisivo intervento russo, e proprio lì Mosca ha mantenuto infrastrutture militari e d’intelligence.
Come ha spiegato Gerhard Conrad, ex alto ufficiale del BND, oggi analista: «Questo tipo di crimine come provocazione violenta si adatta perfettamente alla “cassetta degli attrezzi” della guerra ibrida russa». In assenza di una “pistola fumante”, ma con un mosaico crescente di anomalie, tempismi sospetti e attività coordinate, Berlino prende atto che la minaccia esiste e va decifrata.
Quel che è certo è che, per la Germania, si è aperto un nuovo fronte nella guerra invisibile, fatta di sabotaggi, spionaggio, propaganda e paura calcolata. Un fronte che ha il volto sfuggente della guerra ibrida di Putin.