
WASHINGTON / PECHINO – Gli Stati Uniti impongono dazi fino al 104% sui prodotti importati dalla Cina, aprendo una fase nuova e potenzialmente irreversibile nel confronto tra le due superpotenze. La misura scatterà ufficialmente domani, su ordine diretto del presidente Donald Trump, e si applicherà in particolare ai comparti tecnologici e industriali considerati strategici.
La risposta americana segue le tariffe cinesi del 34% introdotte nelle scorse settimane. Washington ha scelto la linea dura, portando i dazi a un livello mai visto: sommati all’attuale regime tariffario del 21%, il totale raggiunge il 125%, una soglia che segna di fatto la fine del libero scambio tra Stati Uniti e Cina in numerosi settori chiave.
Il Ministero del Commercio cinese ha replicato con parole che confermano il salto di qualità dello scontro: “Non accetteremo mai il ricatto degli Stati Uniti. Siamo pronti a combattere fino alla fine.” Pechino ha promesso contromisure immediate e proporzionate, definendo l’iniziativa americana un atto di intimidazione e una violazione delle regole internazionali.
Lo scenario che si profila non è più una semplice battaglia commerciale, ma una vera e propria guerra tra Stati Uniti e Cina, in cui il commercio diventa solo uno dei terreni di confronto. L’obiettivo dichiarato dell’amministrazione Trump è interrompere la dipendenza economica da Pechino e riaffermare la supremazia industriale americana. Per la Cina, la posta in gioco è altrettanto alta: si tratta della tenuta del proprio modello di crescita e della credibilità politica del governo.
Ogni spazio di mediazione sembra al momento esaurito. Il confronto si allarga, si irrigidisce, si politicizza. Il linguaggio utilizzato dai due governi è ormai quello dello scontro frontale, non più della negoziazione. La fase attuale segna l’ingresso in una nuova epoca delle relazioni internazionali, dove la competizione tra Usa e Cina non ha più freni né codici condivisi.