
Da quest’anno cambia nome, ma non la sostanza: il Documento di economia e finanza (Def), dopo un passaggio normativo, diventa Dfp, ovvero Documento di finanza pubblica. Una modifica formale che coincide con una congiuntura economica delicata, come ha sottolineato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, dopo un Consiglio dei ministri durato appena 45 minuti, che ha approvato il testo.
Il nuovo Dfp rivede al ribasso la previsione di crescita del PIL italiano per il 2025, che scende a +0,6%, rispetto all’1,2% previsto inizialmente nel Piano. Una correzione netta, che risente — secondo Bankitalia — anche degli effetti della politica daziaria statunitense. Le stime di crescita si mantengono contenute anche nel medio termine: +0,8% nel 2026 e nel 2027, con la Banca d’Italia leggermente più prudente (+0,7%).
Giorgetti parla di “previsioni aleatorie”, a fronte di uno scenario globale “molto complesso”, e ammette che potrebbero “determinarsi circostanze peggiorative”. Inoltre, il piano attuale non tiene ancora conto della riprogrammazione del Pnrr, attesa entro fine maggio.
I numeri chiave del nuovo Dfp
- PIL 2025: +0,6%
- PIL 2026-2027: +0,8%
- Deficit: 3,3% nel 2025, 2,8% nel 2026, 2,6% nel 2027
- Proiezione di deficit al 2029: 1,3%, 1,6%, 1,9%, 1,7% e 1,5%
- Rating Italia: confermato da Fitch
Nel documento, spiega il ministro, non sono previsti contenuti programmatici specifici come in passato: “Sono già sistematizzati nella spesa media proiettata, non serve finanziarli a parte”.
Capitolo difesa e regole UE
Sul fronte della difesa, Giorgetti ha chiarito che la spesa rimane in linea con l’obiettivo Nato del 2% del PIL, anche se sarà oggetto di discussione nelle sedi internazionali. In merito alla nuova governance fiscale europea, e alle richieste di Bruxelles di una clausola nazionale di eccezione entro aprile, il ministro avverte: “Se si procederà in quella direzione, sarà necessario uno scostamento di bilancio, che richiederà una procedura rafforzata di votazione in entrambe le Camere”.
Un passaggio tecnico che potrebbe trasformarsi in uno snodo politico, in un momento in cui il governo è chiamato a conciliare vincoli europei, conti pubblici e pressioni interne, tra Superbonus da riassorbire e priorità strategiche da definire.
Il nuovo Dfp, quindi, segna un cambio di forma ma non attenua le sfide: tra bassa crescita, rischi esterni e l’attesa per la riprogrammazione del Pnrr, l’Italia entra in una fase cruciale di riassetto delle proprie scelte economiche.