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Bloomberg punta su Draghi, l’Europa pure: mediatore o regista globale

Pubblicato: 10/04/2025 11:58

Altro che ritiro, altro che vita appartata a Città della Pieve. Mario Draghi si ritaglia un nuovo ruolo da protagonista nel teatro geopolitico mondiale proprio mentre l’Occidente affronta un nuovo terremoto: il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca e i dazi che spaventano l’economia europea e non solo. La tensione transatlantica è alle stelle e a Bruxelles (non ufficialmente, ma neppure troppo sottovoce) si fa largo un’idea: chi meglio di Draghi per tessere una tela diplomatica tra le due sponde dell’Atlantico? Sarebbe da sciocchi, infatti, avere una risorsa a disposizione come l’ex numero uno della Bce e non impiegarla. Non è un pensionato qualunque da tenere in panchina al parco.

In queste ultime settimane Mario Draghi non è rimasto certo a guardare. È un pragmatico, «devo dirle che fin da giovane mi è sempre piaciuto più il fare che il raccontare», aveva replicato lui stesso qualche tempo fa ad Antonio Polito, che in un’intervista al «Corriere della Sera» gli aveva chiesto se avesse in mente di scrivere un libro sulla sua vita. L’ex premier, lo riferisce «Formiche», ha appena accettato la co-presidenza del comitato consultivo delle Bloomberg New Economy Coalitions, insieme a Gina Raimondo, ex ministra del Commercio Usa sotto Biden, nota pure lei per il suo approccio concreto e per la sua difesa dell’autonomia industriale occidentale. Insieme guideranno tre gruppi di lavoro che, sotto l’egida della potentissima Bloomberg, proveranno ad affrontare alcune delle sfide più urgenti del nostro tempo: la lotta al cancro, la transizione verde e il futuro delle città. Un vero e proprio “laboratorio” per forgiare soluzioni al fuoco delle sfide che attendono il mondo. 

Non è solo un incarico di prestigio: si tratta di piattaforme operative che riuniscono leader pubblici e privati, pensatori e facilitatori, per produrre idee e strategie, che si spera si trasformino presto in azioni concrete. Dietro l’apparente tecnocrazia, c’è una precisa ambizione: influenzare l’agenda globale. E chi, meglio di Draghi, sa come navigare in questo mare tempestoso? Non dimentichiamoci che l’economista ha consegnato mesi fa all’Unione Europea il suo attesissimo rapporto sulla competitività. E non ha usato mezzi termini: eccessive regole, poca coesione. Un’Europa che rischia di restare invischiata nelle sabbie mobili della sua stessa burocrazia se non cambia passo. Il documento è diventato subito materiale da tavolo dei grandi, un punto di riferimento per la nuova agenda economica europea. E non a caso la presidente Ursula von der Leyen ha fatto capire di voler costruire proprio su quelle proposte una parte della sua strategia futura. Non è più tempo per tergiversare, bisogna agire.

Draghi, nel suo stile chirurgico, ha tracciato una diagnosi impietosa ma lucida: l’UE ha protetto i cittadini, sì, ma ha soffocato l’innovazione. «Non si tratta di proporre una deregolamentazione selvaggia, ma solo un po’ meno di confusione», ha spiegato l’ex premier italiano. In filigrana, spicca un’evidente preoccupazione: senza un’accelerazione seria sul fronte economico e industriale, l’Europa non sarà in grado di reggere l’urto del ritorno di Trump alla Casa Bianca. Quest’ultimo con i suoi dazi ha colto in contropiede il Vecchio Continente, che si trova in piena transizione verde, digitale, strategica. Non è un segreto: la fragilità dell’Europa sta nella mancanza di un’unica voce. Ecco perché il nome di Draghi circola prepotentemente anche in ambienti che non sono soliti guardare all’Italia con entusiasmo. È il solo, dicono, che ha parlato con tutti: americani, cinesi, mercati, istituzioni. 

Nel silenzio dei corridoi, lontano dai talk show, Mario Draghi prepara la sua nuova mossa. Non sarà necessariamente un incarico formale, d’altronde lui non è tipo da passerelle, né gli interessa il consenso. Non sarebbe male vederlo come capitano di una nave (o forse dovremmo dire transatlantico) che sappia come orientarsi nelle acque turbolente della politica internazionale. E chissà che, ancora una volta, non tocchi a lui salvare l’Europa. Abbiamo bisogno più che mai di una visione chiara, l’immagine di un continente capace di reagire come un blocco compatto alle incertezze globali che caratterizzano il nostro presente.

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