
Novanta giorni. È questa la durata della sospensione parziale dei dazi americani verso l’Europa. Un gesto che sembrava indicare una volontà di apertura, ma che si rivela – almeno nelle parole di Emmanuel Macron – “una pausa fragile”, carica di incertezza più che di speranza.
Macron non si fida per niente, anzi, rilancia: “Fragile”, ripete il presidente francese, perché i dazi del 25% su acciaio, alluminio e automobili, e quelli del 10% su altri beni, restano attivi: un fardello da 52 miliardi di euro per l’Unione Europea. E ancora più fragile, ammonisce, perché questa finestra temporale rischia di diventare una lama sospesa sulle imprese, che su entrambe le sponde dell’Atlantico operano senza sapere quale sarà il prezzo di domani.
L’Europa in bilico tra diplomazia e autodifesa
Parole nette anche da parte della presidenza di turno del Consiglio UE. Il polacco Andrzej Domański, ministro delle Finanze, invita a “usare questi 90 giorni con saggezza“, sottolineando come le guerre commerciali non abbiano vincitori. Il suo intervento durante l’Ecofin informale a Varsavia rimette al centro il ruolo della Commissione: è lei che dovrà negoziare in nome dell’intera Unione.
Ed è sulla Commissione che si concentrano le pressioni per evitare una deriva protezionista che rischierebbe di sgretolare il mercato unico europeo. La linea che emerge è chiara: nessuna corsa al ribasso, niente concorrenza interna per sostenere le proprie industrie.

Al contrario, Domański spinge per una visione europea comune, fatta di ricerca, sviluppo, innovazione, che non miri solo a resistere, ma a rilanciare la competitività strutturale del continente. Ma qui non si tratta solo degli Usa: l’ombra della Cona si estende su un futuro incerto, e al di là dei proclami la Ue si scopre debole su tutti i fronti.
Dombrovskis: “Se costretti, reagiremo”
A gettare ulteriore peso diplomatico è Valdis Dombrovskis, commissario europeo all’Economia. Anche lui, da Varsavia, definisce la situazione “volatile e incerta”, ma lancia un monito preciso: “Siamo pronti a reagire se costretti”.
L’Unione Europea, ribadisce, vuole soluzioni condivise, ma se la Casa Bianca dovesse insistere con la linea muscolare, le contromisure non si faranno attendere. È un equilibrio teso, quello che si sta disegnando. Tra aperture apparenti e minacce implicite, tra diplomazia e deterrenza, l’Ue prova a difendere la propria sovranità economica cercando di evitare l’isolamento.

Trump: “Tratteremo con l’Unione come blocco unico”
Dal canto suo, Donald Trump, intervenuto dopo una riunione del governo, ha chiarito che tratterà con l’Unione Europea “come un blocco unico”, mettendo a tacere l’ipotesi – già circolata in ambienti diplomatici – di negoziati separati con i singoli Stati membri. Ma ha anche ribadito che “ogni Paese è diverso”, con riferimento ai surplus commerciali e ai vantaggi specifici che alcune economie detengono, aprendo la porta a trattative a geometria variabile, su misura per ciascun partner. Anche qui, una cominicazione ambigua.
Una guerra fredda commerciale
In questa fase, il confronto transatlantico ricorda le dinamiche di una guerra fredda commerciale: si negozia, ma con il dito sul grilletto. La finestra di novanta giorni è una tregua armata, in cui ogni parola pesa quanto una minaccia, ogni decisione può diventare la miccia di nuove divisioni.
L’Europa, tra fragilità interne e spinte nazionaliste, dovrà dimostrare di saper parlare con una sola voce. E soprattutto, di avere una strategia industriale e politica all’altezza di un mondo che cambia a velocità americana, con Pechino pronta ad approfittarne. Al di là di tutte le considerazioni, dipingere Trump come un pazzo irresponsabile non aiuterà: perché è probabile che il Presidente Usa e i suoi, al di là di una comunicazione discutibile, sappiano bene cosa stanno facendo. In caso contrario, sarebbe ancora peggio.