
Dietro l’omicidio di Ilaria Sula, studentessa della Sapienza, si cela un intreccio di insicurezze, bugie e manipolazioni. Il presunto colpevole, Mark Samson, coetaneo e compagno della giovane, avrebbe ucciso Ilaria per proteggere una realtà fittizia costruita con ossessiva determinazione: quella di uno studente modello, figlio di una famiglia benestante e pienamente realizzato. Nulla di tutto questo era vero.
Secondo gli atti giudiziari, Mark era in forte ritardo con gli esami universitari, ma viveva questa situazione come un fallimento devastante. Quando Ilaria, che frequentava con profitto l’università, gli ha chiesto di mostrarle i suoi voti, la tensione è esplosa. «Ha sempre avuto un’ansia da prestazione, soprattutto verso i genitori», ha spiegato il giudice per le indagini preliminari, riportando anche le dichiarazioni della madre del ragazzo, contraria alla relazione con Ilaria.
Da lì, una spirale ossessiva: la ragazza aveva deciso di interrompere la relazione, dichiarandosi pronta a conoscere altre persone. Mark, invece, prometteva di cambiare, pur frequentando altre ragazze conosciute online. Una doppia vita, che ora i magistrati esaminano alla luce dell’accusa di omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere.
Il momento più agghiacciante arriva il 26 marzo: dopo aver ucciso Ilaria e gettato il corpo in un dirupo, Mark si reca a mangiare una piadina con la migliore amica della vittima, fingendo normalità. Nel frattempo, utilizza il telefono di Ilaria per inviare messaggi ai familiari e agli amici, simulando una fuga volontaria verso Napoli. Un depistaggio meticoloso, continuato per giorni.
Ma le menzogne erano iniziate molto prima del delitto. Secondo le testimonianze, Mark mentiva su tutto: sui suoi studi, sul lavoro dei genitori – spacciati per proprietari di una palestra che invece pulivano – e perfino sul suo ruolo nella vita di Ilaria. «Era tutta una farsa», ha dichiarato un’amica della giovane.
Quella che emerge è la figura di un ragazzo incapace di sostenere il peso della verità e che, pur di non affrontare il giudizio altrui, ha scelto la via più estrema. In nome dell’orgoglio ferito, della paura di essere smascherato, e dell’illusione di controllo. Sullo sfondo, un femminicidio brutale, l’ennesimo atto di possesso travestito da amore.