
ROMA – La Cassazione ha messo la parola fine sul procedimento relativo alla strage del viadotto Acqualonga, avvenuta il 28 luglio 2013 nei pressi di Monteforte Irpino, in provincia di Avellino. In quell’incidente, un pullman precipitò dal viadotto, causando la morte di 40 persone. I giudici della Suprema Corte hanno reso definitiva la condanna a 6 anni di reclusione per Giovanni Castellucci, ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia (Aspi), riconoscendolo colpevole di disastro colposo e omicidio colposo.
La sentenza conferma anche le altre condanne inflitte in secondo grado. Tra queste spiccano i 9 anni per Gennaro Lametta, proprietario del mezzo coinvolto nella tragedia, e i 4 anni per Antonietta Ceriola, all’epoca dipendente della motorizzazione civile di Napoli. Le responsabilità penali sono state riconosciute anche per numerosi dirigenti e dipendenti del Tronco autostradale di competenza, coinvolti nella lunga catena di omissioni e negligenze.

Durante l’udienza del 1 aprile scorso, la Procura generale della Cassazione aveva chiesto un riesame della condanna per omicidio colposo a carico di Castellucci e proposto l’assoluzione dall’accusa di disastro colposo, sostenendo che “il fatto non sussiste”. Tuttavia, la Corte ha deciso di confermare la decisione della seconda Corte d’Appello di Napoli, che nel settembre 2023 aveva ribaltato la sentenza di primo grado, che aveva assolto l’ex ad di Aspi.
Il quadro emerso nel corso del processo è stato pesantissimo: il pullman coinvolto nella tragedia aveva un certificato falso di revisione e non veniva sottoposto a controlli dal 2011. “Il mezzo non era nelle condizioni minime per poter circolare,” ha ribadito in aula il pg, evidenziando come Lametta avesse “messo a rischio la vita dei passeggeri”.

Inoltre, in merito alle barriere del viadotto, è stata accertata una “situazione di incuria protratta per anni”, con gravi carenze nella manutenzione e “colpevole inerzia da parte di chi era responsabile del controllo”.
Oltre a Castellucci, sono diventate definitive anche le condanne per Riccardo Mollo (ex direttore generale Aspi), Massimo Giulio Fornaci e Marco Perna, tutti condannati a sei anni. Ridotte invece le pene per altri dirigenti e tecnici: cinque anni per Nicola Spadavecchia e Paolo Berti, tre anni per Gianluca De Franceschi, Gianni Marrone e Bruno Gerardi.
Una pagina dolorosa della cronaca italiana si chiude con l’accertamento delle responsabilità, ma il ricordo delle 40 vittime resta ancora vivo nella memoria di un intero Paese.