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“Ho una malattia terribile ma lo Stato non mi aiuta”. Il dramma della bellissima modella italiana

Pubblicato: 12/04/2025 09:35

Pedrosa (Alessandria) – Da indossare abiti d’alta moda sulle passerelle italiane a combattere ogni giorno con un dolore invisibile e invalidante. È la storia di una donna di 40 anni, ex modella, che oggi si trova costretta a vivere un’esistenza completamente diversa, segnata dalla malattia e dall’indifferenza delle istituzioni. «La mia vita è diventata un incubo. Non posso lavorare, non posso più nemmeno alzarmi dal letto senza provare dolore», racconta. Una condizione che la Regione Piemonte conosce bene, così come l’assessore regionale alla Sanità, Federico Riboldi. Ma la realtà è che, per chi soffre come lei, in Piemonte non esistono strutture specializzate.

La patologia che le è stata diagnosticata è la neuropatia delle piccole fibre, un disturbo neurologico ancora poco conosciuto e non riconosciuto nei tabellari Inps per il riconoscimento dell’invalidità. «Mi sveglio con le gambe rigide, assumo cerotti oppiacei, antidepressivi e antiepilettici. Non posso vivere così, ma nessuno sembra saperci fare davvero qualcosa», denuncia. In tutta Italia, solo dieci centri trattano questa malattia, diagnosticata ufficialmente nel nostro Paese solo nel 1998, ben dopo l’ultima revisione delle tabelle Inps del 1992. E per chi vive in Piemonte, l’unica speranza è viaggiare per curarsi.

Solo al terzo paragrafo emerge il suo nome: si tratta di Rossella Moretti, ex modella con una carriera brillante alle spalle, che per anni ha lavorato con le più importanti maison italiane, indossando abiti da cerimonia e da sposa, comparendo su riviste e programmi TV. Ora Rossella si ritrova a combattere non solo contro una malattia debilitante, ma anche contro una burocrazia che sembra ignorare la sua esistenza. Il 29 aprile affronterà una nuova visita medica davanti alla commissione dell’Inps, ma le speranze sono poche: «Temo sarà solo un altro buco nell’acqua».

Una vita che, come racconta lei stessa, è fatta di dolore cronico, sonnolenza, spasmi involontari e isolamento sociale. Eppure, con lucidità e forza, lancia un appello: «Non siamo così pochi. E non possiamo essere ignorati solo perché la nostra malattia non è codificata».

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