
È morto all’età di 83 anni Graziano Mesina, uno degli ultimi e più noti esponenti del banditismo sardo, che proprio ieri, dopo anni di detenzione, era stato scarcerato grazie all’accoglimento dell’istanza di differimento pena per motivi di salute presentata dai suoi legali, gli avvocati Beatrice Goddi e Maria Luisa Vernier, al tribunale di sorveglianza di Milano. La sua morte è arrivata dopo che era stato trasferito nel reparto di PP San Paolo di Milano, dove si trovava per ricevere cure mediche, dopo aver trascorso gli ultimi due anni in detenzione presso il carcere di Opera. La sua salute si era notevolmente deteriorata, e la decisione di concedergli un differimento della pena era stata presa in seguito alla grave situazione fisica in cui versava.
Graziano Mesina, noto per essere stato uno dei più temuti banditi sardi, ha avuto una vita segnata da crimini, arresti e fughe. La sua storia ha avuto un forte impatto sulla cronaca italiana, non solo per i crimini commessi, ma anche per la figura leggendaria che ha incarnato. Nato nel 1942 a Bortigali, un piccolo paese in provincia di Nuoro, fin da giovane Mesina si è fatto notare per la sua personalità vivace e la sua capacità di attrarre l’attenzione, ma anche per il suo legame con il mondo criminale della Sardegna.

Negli anni ’60, Mesina si unì alla banditry sarda, un movimento che ha avuto origine in Sardegna e che ha visto diversi gruppi di banditi impegnati in attività illecite come il rapimento, l’estorsione e il traffico di armi. Ma Graziano Mesina non era solo un bandito: era anche un simbolo di resistenza per alcuni, un uomo che sfidava le istituzioni e che riusciva a sfuggire alle forze dell’ordine per lungo tempo. La sua fama cresceva insieme alla sua abilità nel fuggire dalla giustizia. Tra le sue fughe più celebri, quella del 1984, quando riuscì a scappare da una prigione di massima sicurezza.
Nel corso della sua carriera criminale, Mesina è stato coinvolto in numerosi crimini, tra cui rapimenti a scopo di estorsione. Il caso più noto che lo riguarda è il rapimento di due industriali sardi, che portò alla sua cattura nel 1993. Il suo nome era ormai legato alla criminalità organizzata sarda, tanto da diventare una sorta di simbolo per alcuni di quella resistenza rurale che sfidava lo Stato.
Mesina, però, non è stato solo il bandito. Con il passare degli anni, e dopo diverse vicissitudini giudiziarie, la sua vita è stata anche caratterizzata da un intenso processo di riflessione personale e di tentativi di riabilitazione. Molti lo ricordano come una figura controversa, ma anche come qualcuno che ha cercato, almeno in parte, di riscattarsi. Durante la sua detenzione, infatti, Mesina ha manifestato più volte la volontà di lasciare definitivamente alle spalle il suo passato criminale.
Nonostante ciò, la sua figura rimane ambivalente nella memoria collettiva: per alcuni è stato un bandito senza scrupoli, per altri un uomo che, pur essendo stato protagonista di una vita piena di crimini, ha anche vissuto un lento processo di consapevolezza. Negli ultimi anni della sua vita, infatti, Mesina aveva intrapreso un cammino di consapevolezza, cercando di allontanarsi dal passato e di riabilitarsi agli occhi della società.

Graziano Mesina aveva lasciato il segno, non solo nelle storie di cronaca nera della Sardegna, ma anche nel cuore di chi vedeva in lui una figura leggendaria, un simbolo di quel banditismo che, purtroppo, ha segnato profondamente la storia della regione. La sua morte, pur avvenuta in un contesto di scarcerazione per motivi di salute, non ha fatto che riproporre quella figura di un uomo segnato da una vita turbolenta, di un bandito che non è mai riuscito a liberarsi completamente dalle sue radici criminali.
Con la sua morte si chiude un capitolo della storia del banditismo sardo, una storia che affonda le sue radici in decenni di violenza e che ha visto protagonisti altri nomi leggendari. Mesina è stato uno degli ultimi rappresentanti di quella Sardegna che ha vissuto il banditismo come una tradizione, una Sardegna che, nonostante gli sforzi di soppressione delle autorità, ha continuato a essere intrisa di questa cultura di resistenza. Anche se la sua vita ha visto le luci e le ombre di un’esistenza complicata, la sua figura continuerà a essere ricordata come quella di un uomo che, a suo modo, ha lasciato il segno nel panorama criminale italiano.