
Washington – La luna di miele tra Donald Trump ed Elon Musk sembra essere arrivata al capolinea. Le crepe nel rapporto tra il presidente degli Stati Uniti e il numero uno di Tesla sono emerse con evidenza a causa dei nuovi dazi imposti dall’amministrazione americana, provvedimenti che colpiscono direttamente le filiere globali di cui Musk è uno dei principali protagonisti.
Il patron di Tesla ha tentato di giocare la carta del rapporto personale con Trump – consolidato negli ultimi anni da interessi comuni e da una certa sintonia politica – per evitare l’entrata in vigore delle misure doganali. Ma il suo appello, almeno per ora, è rimasto inascoltato, segnando una prima rottura pubblica con l’inquilino della Casa Bianca.
Nemmeno la sospensione temporanea di 90 giorni dei dazi è servita a ricucire lo strappo, considerato che nel frattempo l’amministrazione americana ha annunciato nuove imposte contro la Cina, partner cruciale per il colosso Tesla sul fronte della produzione e dell’approvvigionamento tecnologico.
Musk: “Serve una zona di libero scambio”
In questo contesto, Musk ha alzato ulteriormente il tiro, intervenendo con toni accesi anche al congresso della Lega, in collegamento da Firenze. “Spero che Usa ed Europa riescano a realizzare una partnership molto stretta”, ha detto, invocando un futuro di “zero dazi” e una vera zona di libero scambio transatlantica.
Ma è contro Peter Navarro, l’economista ultranazionalista che guida la linea dura della Casa Bianca sul commercio, che Musk ha diretto le sue bordate più feroci. Lo ha definito un “cretino”, “più stupido di un sacco di mattoni”, arrivando a coniare per lui il soprannome insultante di “Peter Retarrdo”. Un attacco frontale che segna la fine di ogni ambiguità: tra Musk e l’amministrazione Trump è ormai rottura aperta.