
L’abbraccio è arrivato alla fine, in un silenzio che parlava più di ogni parola. Il giovane autista, con gli occhi bassi e il passo incerto, si è avvicinato ai familiari di Alessandra Stefani. Per un attimo è rimasto immobile, quasi paralizzato dalla colpa e dalla paura di non essere accolto. Poi, quando il padre di lei ha teso le braccia, si è lasciato andare. Un gesto semplice, ma che racchiudeva tutto: perdono, umanità e un dolore che li accomunava.
Era già andato alla camera ardente per chiedere scusa. Giuseppe, il padre di Alessandra, lo aveva consolato con parole che nessuno si sarebbe aspettato da chi aveva appena perso una figlia: «Non potevi fare diversamente. È stato un errore, e sbagliare è umano.» Quel sabato, al funerale, quelle stesse parole si sono trasformate in un abbraccio davanti alla bara.

La tragedia che ha spezzato una vita
Alessandra Stefani aveva 49 anni e una vita piena di passioni: il volontariato nella Croce Rossa, il rugby, il lavoro come impiegata amministrativa. Viveva con il figlio a Rondinara, una frazione di Scandiano, e quella mattina si trovava nel vialetto di un’area sportiva, a pochi passi da un cantiere.
Il camionista stava effettuando una manovra in retromarcia, dopo aver scaricato un muletto. Alessandra, che camminava accanto al percorso verde, non si è accorta del mezzo pesante in movimento. Forse indossava delle cuffie audio, forse era distratta. L’impatto è stato fatale, e ogni tentativo di soccorso si è rivelato inutile.
Una vita dedicata agli altri
Alessandra era nata a Casola di Montefiorino, sull’Appennino modenese, un paese che l’ha salutata per l’ultima volta durante il funerale. Nella piccola chiesa si sono riunite centinaia di persone: amici, colleghi, e i compagni delle tante attività che avevano segnato la sua vita.
Era volontaria della Croce Rossa Italiana di Scandiano, dove i suoi colleghi hanno caricato la bara in segno di rispetto. Ma era anche una figura centrale per gli Highlanders Formigine Rugby, dove aveva giocato e allenato per anni. La chiamavano “La bomba” per il suo carattere esplosivo, ed era stata la prima capitana della squadra femminile, le Valkyrie.
Il sindaco di Montefiorino, le vecchie compagne di scuola, e tanti amici del mondo del rugby e del volontariato erano lì per ricordarla. Il parroco, don Sebastiano Simonitto, ha dedicato la sua omelia a un messaggio di speranza, sottolineando quanto sia importante trovare la forza di perdonare.

Il dolore e il perdono
In disparte, con il capo chino, il camionista ha assistito alla funzione fino alla fine. Non era un gesto dovuto, ma un’espressione del suo dolore e del desiderio di chiedere perdono. Quando la sepoltura è terminata, ha atteso. Poi si è avvicinato al padre e al fratello di Alessandra.
Mario Stefani, fratello della vittima, ha detto poche parole ma cariche di significato: «Queste cose accadono, purtroppo, quando si lavora con i mezzi pesanti. È una tragedia, ma non una colpa.» E in quell’abbraccio finale, che ha chiuso una giornata di lacrime, si è percepita la forza di una famiglia capace di trovare luce anche nel buio di una perdita così grande.