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Daniele ucciso e bruciato vivo a 19 anni, nessuna giustizia per lui a 20 anni dall’orrore

Pubblicato: 14/04/2025 17:59
daniele polimeni

Favazzina, costa tirrenica calabrese, 30 marzo 2005. È un giorno come tanti, ma per Daniele Polimeni sarà l’ultimo. Ha appena 19 anni, un’esistenza ancora tutta da scrivere e un passato già segnato da errori, sogni e difficoltà. Cresciuto nel quartiere di Santa Caterina, a Reggio Calabria, Daniele è uno dei tanti ragazzi che si ritrovano ogni giorno nella piazzetta, cuore pulsante del rione. Lo conoscono tutti: è solare, pieno di energia, appassionato di calcio e innamorato della Reggina, la squadra della sua città. La domenica è il suo giorno preferito, quando la Curva Sud diventa casa e la maglia amaranto una seconda pelle.

Ma crescere a Reggio non è facile. In certi quartieri, le occasioni si contano sulle dita di una mano e la scorciatoia della piccola criminalità è sempre lì, a un passo. Daniele ci finisce dentro. Qualche giro di droga, una manciata di denunce e quella Bmw usata che si compra a tutti i costi, come simbolo di un riscatto che invece non arriva mai.

Il 30 marzo, Daniele ha un appuntamento a Favazzina, località di mare poco distante da Scilla. È inverno, e la zona è deserta. Una trappola. Viene ucciso a colpi di pistola, poi denudato e bruciato. Il killer prende la sua auto, percorre diversi chilometri fino al quartiere San Gregorio di Reggio Calabria, dove le dà fuoco. È un depistaggio, un modo per guadagnare tempo e confondere gli investigatori. La Bmw carbonizzata viene ritrovata la sera stessa. Il giorno dopo, in un altro punto, viene scoperto anche il corpo bruciato. Solo più tardi i due elementi vengono collegati: quel corpo senza nome è proprio quello di Daniele.

Da quel momento inizia un’altra storia, parallela: la battaglia di sua madre, Anna. Una madre che vuole sapere, capire, trovare giustizia. Una donna che non accetta che suo figlio venga cancellato in quel modo. Non giustifica, ma pretende verità. Tappezza il quartiere di manifesti funebri, con la foto di Daniele e parole cariche di dolore. Scrive il tempo passato senza di lui, obbliga il quartiere a non dimenticare. Chiede risposte, ma nessuno parla. Nessuno sa, o vuole dire.

Un anno dopo, Santa Caterina si riunisce. Un corteo parte dal cortile dell’isolato 51 di via Clearco, dove abitava Daniele. Ci sono tanti giovani del quartiere e dei rioni vicini. C’è anche don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, che porta un messaggio di speranza e vicinanza. Gli striscioni, i cori, le lacrime. È una manifestazione contro la ‘ndrangheta, ma anche un abbraccio collettivo a chi resta, un segnale forte per dire che la vita di Daniele non è stata inutile, anche se spezzata troppo presto.

Ma nonostante questo le indagini per risalire ai responsabili dell’efferato delitto vengono chiuse senza l’individuazione di alcun presunto colpevole. 20 di buio su un altro delitto in un territorio ad alta densità mafiosa, dove la piccola criminalità, ambiente che Daniele aveva sfiorato, non può muoversi senza il consenso dei poteri superiori che a Reggio Calabria si chiamano con un solo nome, ‘ndrangheta. Eppure nessuno dei tanti collaboratori di giustizia che sono emersi negli ultimi 10 anni nella città dello Stretto ha mai parlato dell’omicidio di Daniele, nemmeno facendo ipotesi non riscontrabili. Un buio inspiegabile, che consegna solo un dolore infinito ai familiari di questa giovane vittima.

La madre Anna non può più piangerlo, consumata da un male che le ha fatto raggiungere l’amato figlio nel 2015. Il padre Pietro sì, e non si dà pace. «È passato tanto tempo, lo so, ma io spero sempre anche se mi sento abbandonato da tutti, dallo Stato e da coloro che certamente sanno e continuano a non parlare», ha raccontato qualche tempo fa alla collega Anna Foti di LaCNews. «Era buono e sveglio, Daniele, e forse qualcuno se ne è approfittato, lo ha sfruttato promettendogli qualcosa e mettendolo in qualche brutta situazione. La madre Anna ha lottato tanto e se n’è andata senza sapare nulla. Io ancora spero perché credo che qualcuno sappia cosa è accaduto e che non parli. Chiedo solo di sapere perché, di conoscere il motivo. Chiedo di capire. Ho dentro una ferita enorme e ogni anno in questi giorni si acuisce un dolore che comunque non mi abbandona mai»

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Ultimo Aggiornamento: 14/04/2025 18:04

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