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Trump apre a un rinvio delle tariffe sull’automotive e insiste: “Agiremo sui farmaci e i chip”

Pubblicato: 15/04/2025 07:22

Le ultime dichiarazioni del presidente americano Donald Trump sui dazi stanno riscuotendo un immediato impatto sui mercati internazionali. Dopo l’apertura a una sospensione temporanea delle tariffe del 25% sulle auto, i titoli delle principali case automobilistiche asiatiche hanno registrato forti rialzi. A Tokyo, nomi come Toyota, Honda e Suzuki hanno segnato guadagni vicini al 5%, mentre il comparto dei componenti, rappresentato da gruppi come Sumitomo Electric e Denso, è cresciuto anche oltre. Una reazione speculare si è vista in Corea del Sud, dove Hyundai e Kia hanno beneficiato dell’annuncio, con l’indice Kospi in salita. Una svolta che riflette l’attesa degli investitori su una possibile de-escalation nella guerra commerciale in corso.

Trump, parlando con i giornalisti, ha spiegato che un’eventuale esenzione dalle tariffe sarebbe pensata per permettere ai produttori di riorganizzare le catene di fornitura, spostando la produzione in territorio americano. «Le aziende hanno bisogno di tempo per adattarsi», ha detto, lasciando intendere che l’obiettivo resta quello di rafforzare il tessuto industriale nazionale, ma senza compromettere la competitività del settore. Dalla sua, anche l’American Automotive Policy Council, che rappresenta Ford, GM e Stellantis, ha riconosciuto che misure troppo rigide rischiano di rallentare il processo di rilocalizzazione industriale.

Tuttavia, mentre il settore automobilistico può tirare un sospiro di sollievo, altri ambiti stanno già sperimentando gli effetti negativi delle tensioni commerciali. Washington ha infatti annunciato il ritiro dall’accordo che esentava dai dazi i pomodori messicani, imponendo a partire da luglio un sovrapprezzo del 21% su queste importazioni. Il Dipartimento del Commercio ha motivato la decisione sostenendo che il precedente regime non proteggeva abbastanza i produttori americani. Una scelta che rischia di impattare pesantemente sul mercato interno, visto che quasi il 100% delle importazioni di pomodori negli Stati Uniti proviene proprio dal Messico, per un valore annuo di oltre 2 miliardi di euro.

Intanto, in Cina, la risposta al clima daziario si manifesta in una crescente tendenza al consumo patriottico. Sempre più cittadini stanno abbandonando brand americani a favore di alternative locali: dagli smartphone agli alimenti, dai film al vestiario. Secondo il Wall Street Journal, il fenomeno “Buy Local” sta colpendo giganti come Apple, Nike, Starbucks e persino Tesla, le cui vendite nel Paese sono in netto calo. In questo contesto, marchi come Huawei, Luckin Coffee e Anta stanno guadagnando terreno, sostenuti anche da una narrazione nazionale sempre più presente.

La strategia cinese è chiara: ridurre la dipendenza da beni e intrattenimento d’oltreoceano. Pechino ha recentemente annunciato un giro di vite sulle importazioni di film americani, restringendo l’accesso al mercato in vista della stagione estiva, da sempre cruciale per Hollywood. In parallelo, grandi catene di distribuzione, come Yonghui Superstores, hanno lanciato appelli pubblici per dare spazio esclusivo ai prodotti Made in China. Un chiaro messaggio di sfida all’egemonia economica e culturale statunitense.

In questo braccio di ferro tra protezionismo americano e orgoglio nazionale cinese, le aziende si trovano strette in una doppia morsa: da una parte gli Stati Uniti che alzano barriere per rilanciare la produzione interna, dall’altra una Cina che, sempre più, chiude le porte ai colossi occidentali. E mentre gli indici azionari reagiscono di giorno in giorno, è evidente che dietro ogni dazio si gioca una partita più ampia, fatta di potere economico, influenza politica e trasformazione degli equilibri globali.

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