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Quest’uomo dipinto nel 1937 si sta davvero scattando un selfie con lo smartphone?

Pubblicato: 15/04/2025 11:39

Possibile che un iPhone sia apparso nel 1937? E che un nativo americano se lo stia portando a spasso in pieno murale storico, come se nulla fosse? Domande che sembrano uscite da una puntata di Black Mirror o da una chiacchierata troppo lunga su Reddit alle due di notte. E invece no: il caso è reale (più o meno), documentato, e riemerge ciclicamente sui social come un vecchio tormentone estivo che non vuole saperne di morire. 

Siamo a Springfield, ma non quella dei Simpson. Precisamente a Springfield, Massachusetts, dove in un edificio governativo campeggia un imponente murale firmato dall’italoamericano Umberto Romano. Il titolo è di quelli pomposi, da lezione scolastica: Mr. Pynchon and the Settling of Springfield. Al centro c’è William Pynchon, il fondatore della città, attorniato da una folla coloratissima di personaggi: coloni, prigionieri, animali assortiti e nativi americani con espressioni tutt’altro che rassicuranti.

Tutto normale, se non fosse per lui: un nativo con il braccio piegato, lo sguardo fisso su un oggetto rettangolare tenuto in mano come farebbe chiunque nel 2025 per scattarsi un selfie. L’immagine ha fatto il giro del web, riaccendendo ogni volta la stessa domanda: ma che diavolo tiene in mano quello lì? Uno specchio? Un libro? O… un iPhone? L’opera risale al 1937, e rappresenta l’incontro tra i coloni britannici e i popoli nativi nel 1630. Quindi, no: nessun iPhone, nessun filtro Valencia, nessuna Storia su Instagram. Ma allora da dove nasce questa suggestione così potente?

Per rispondere bisogna conoscere un po’ meglio l’autore. Umberto Romano nasce in provincia di Salerno nel 1906, ma si trasferisce negli Stati Uniti da bambino. Cresce proprio a Springfield, dove affina il suo talento tra scuole d’arte e musei locali, fino a diventare uno dei pittori più attivi del New Deal, chiamato a raccontare la storia americana con murales pubblici e grandi scene collettive. Più tardi studierà anche all’Accademia Americana di Roma, diventandone persino membro del consiglio. Il suo stile è un espressionismo astratto che non rinuncia mai alla figura umana: le sue opere sono dense, teatrali, affollate di simboli e tensioni. Ed è proprio qui il punto: quel gesto così moderno, così incredibilmente “contemporaneo”, potrebbe essere stato un’anticipazione stilistica, una trovata espressiva. O più semplicemente una coincidenza affascinante.

Nel tempo si sono moltiplicate le ipotesi: c’è chi parla di un pugnale (con la lama nascosta dalla mano), chi di una piccola Bibbia, chi di un blocco per appunti. Ma l’interpretazione più plausibile resta quella dello specchio: oggetto molto diffuso negli scambi tra coloni europei e popolazioni native. E non è un caso che nella stessa scena si notino altri beni da baratto: botti, anfore, vele. Lo specchio, in questo contesto, non è solo un elemento simbolico, ma anche uno strumento di meraviglia, perfettamente in linea con l’effetto di stupore che questa scena ancora oggi continua a generare.

Che sia un’illusione ottica, una coincidenza geniale o un “Easter egg” ante litteram, il selfie impossibile del murale di Romano resta una delle trovate più affascinanti dell’arte pubblica americana del Novecento. E dimostra che, anche senza TikTok, il 1600 poteva essere molto più virale di quanto pensiamo.

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Ultimo Aggiornamento: 15/04/2025 11:41

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