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Sofia Stefani, le colleghe vigilesse in aula: “Pensava di poter fare tutto, era protetta da Gualandi”

Pubblicato: 16/04/2025 17:22

Il procedimento giudiziario per la morte di Sofia Stefani, la vigilessa 33enne uccisa nel maggio 2024 all’interno del comando di polizia locale di Anzola Emilia, è entrato in una nuova fase. A rispondere dell’accusa di omicidio volontario aggravato è Giampiero Gualandi, superiore e compagno della vittima in una relazione extraconiugale. L’uomo, assistito in aula dai legali Claudio Benenati e Lorenzo Valgimigli, continua a sostenere che il colpo di pistola partì accidentalmente durante una colluttazione. Tuttavia, secondo l’accusa guidata dalla pm Lucia Russo e supportata dalle indagini dei carabinieri, l’omicidio sarebbe stato un gesto intenzionale, maturato in un contesto di forti tensioni personali e professionali.

Nel corso dell’ultima udienza, davanti alla Corte d’Assise di Bologna presieduta dal giudice Pasquale Liccardo, sono emerse nuove testimonianze che gettano luce su un ambiente lavorativo carico di frizioni. Antonietta Meola, sovrintendente della polizia locale di Sala Bolognese, ha descritto un clima difficile:

Con la Stefani i rapporti erano molto tesi, perché lei non riconosceva il grado e aveva comportamenti non consoni alla divisa. Il trasferimento da Sala Bolognese ad Anzola fu deciso per incompatibilità ambientale”.

Secondo Meola, la vigilessa avrebbe riconosciuto come superiore soltanto l’ispettore Gualandi, ignorando le altre figure gerarchiche come la comandante Fiorini. Inoltre, ha raccontato di un clima di sospetto che si era instaurato tra gli agenti:

Temevamo che ci registrasse. Aveva sempre il cellulare acceso, parlava spesso con Gualandi, metteva il telefono sulle gambe in auto e noi pensavamo ci stesse registrando”.

Sempre Meola ha precisato che le sue segnalazioni sui comportamenti della collega furono raccolte in tre relazioni formali, che avrebbero influito sulla decisione del trasferimento.

A rendere il quadro ancora più complesso è stata la testimonianza di Cristina Laneri, ex collega della vittima, che ha offerto una visione critica del ruolo di Gualandi nel comando:

Ho sempre pensato che lui usasse Sofia Stefani per destabilizzare l’ambiente”, ha affermato, facendo riferimento alla tensione tra l’ispettore e la comandante Fiorini.

Laneri ha ribadito la difficoltà di lavorare con Stefani:

Lei non mi ispirava fiducia, aveva atteggiamenti non consoni. Non ho mai avuto scontri diretti, ma provocava. Una volta la sentii anche parlare male di me al telefono. Si sentiva protetta da Gualandi e pensava di poter fare tutto”.

Queste testimonianze stanno contribuendo a delineare un quadro di rapporti tesi e disfunzionali all’interno del comando, con la figura di Stefani al centro di conflitti professionali e personali. Resta ora alla Corte valutare quanto questi elementi possano incidere sulla ricostruzione dei fatti che hanno portato alla sua tragica morte.

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Ultimo Aggiornamento: 16/04/2025 17:23

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