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Femminicidio di Laura Papadia a Spoleto, il marito confessa il movente: “Lei voleva un figlio, io no”

Pubblicato: 17/04/2025 11:40

Dietro l’ennesimo femminicidio si cela una verità dura e dolorosa. Laura Papadia, 37 anni, è stata uccisa lo scorso 26 marzo dal marito Nicola Gianluca Romita, direttore commerciale in un’azienda vinicola, dopo un’ennesima lite nata dal desiderio, da parte di lei, di avere un figlio. È stato lo stesso Romita, confessando l’omicidio agli inquirenti, a rivelare il movente fino a quel momento rimasto oscuro: il dissidio profondo legato alla maternità.

L’uomo ha raccontato agli investigatori come i contrasti con la moglie fossero cresciuti negli ultimi mesi, alimentati dalla divergenza tra il suo rifiuto a diventare nuovamente padre — “non volevo altri figli”, ha detto — e il forte desiderio di Laura di avere un bambino. Romita, 47 anni, ha già due figli da precedenti relazioni, e ha spiegato agli agenti di aver vissuto con angoscia la possibilità che si ripetessero “situazioni difficili”, come quella che coinvolge uno dei suoi figli, affetto da una cardiopatia. “Temevo potesse nascere un altro figlio con problemi e che si potesse creare lo stesso dramma”, ha confidato.

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La sera della tragedia, secondo quanto ricostruito, Laura e Nicola hanno avuto un rapporto sessuale protetto. Subito dopo sarebbe scoppiata la discussione: “Lei mi minacciava di bucare il preservativo, come aveva già detto in passato”, ha riferito Romita. Dalle parole si è passati a un’aggressione fisica. “L’ho afferrata al collo… mi sono reso conto di aver commesso un gesto violento”, ha ammesso, ricostruendo quegli ultimi attimi definiti “agghiaccianti” nel decreto di fermo. L’ha strangolata, in preda alla rabbia e al rifiuto, fino a toglierle la vita.

Pochi istanti dopo, il rimorso. Romita ha cercato di uccidersi con un coltello, ma non è riuscito a portare a termine l’estremo gesto. In uno stato di profondo shock, ha allertato le forze dell’ordine, che sono intervenute appena in tempo per salvarlo. Per Laura, purtroppo, non c’era più nulla da fare.

La Procura ha affidato una consulenza tecnica per chiarire ulteriori elementi: se la donna fosse incinta al momento della morte e se avesse assunto sostanze che l’avrebbero potuta rendere inoffensiva. L’obiettivo è escludere l’eventualità della premeditazione.

“Questi accertamenti sono fondamentali”, ha dichiarato l’avvocato Emilio Malaspina, dell’associazione “Per Marta e per tutte”, che segue casi di violenza di genere. “Ci aiuteranno a capire le cause profonde di una tragedia che si ripete troppo spesso”.

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Ultimo Aggiornamento: 17/04/2025 11:57

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