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Un soffio di vita dallo spazio: scoperta storica, per gli scienziati il Pianeta K2-18B è una nuova Terra

Pubblicato: 17/04/2025 11:19

In quella che potrebbe rivelarsi una scoperta epocale, un gruppo di scienziati dell’Università di Cambridge ha annunciato di aver rilevato nell’atmosfera del pianeta K2-18b dei segnali chimici che, se confermati, potrebbero rappresentare la più convincente biofirma mai individuata oltre il nostro Sistema Solare.

L’annuncio è arrivato nel corso di una conferenza stampa che ha acceso immediatamente l’interesse della comunità scientifica. La scoperta, pubblicata su The Astrophysical Journal Letters, è stata possibile grazie all’occhio acuto del telescopio spaziale James Webb, capace di scrutare a distanze abissali le impronte chimiche di atmosfere aliene.

La firma chimica dell’esistenza di vita

I protagonisti invisibili della scoperta sono due composti: il dimetil solfuro (DMS) e il dimetil disolfuro (DMDS). Sulla Terra, queste sostanze sono prodotte esclusivamente da organismi viventi, in particolare da alghe marine e microrganismi.

Non stiamo parlando, beninteso, della scoperta diretta di vita aliena in forma visibile di animali, piante o altro. Ma questi composti rappresentano una potenziale biofirma, ovvero un indizio chimico che suggerisce attività biologica. “Quello che osserviamo”, ha dichiarato Nikku Madhusudhan, astrofisico a capo della ricerca, “sono indizi, non prove definitive. Ma è il caso più vicino a una caratteristica che possiamo attribuire alla vita”.

K2-18b: il pianeta che profuma di mare

K2-18b non è nuovo all’occhio dei ricercatori. Situato nella costellazione del Leone, a 124 anni luce dalla Terra, è un pianeta sub-nettuniano – otto volte più massiccio del nostro e 2,6 volte più largo – che orbita nella zona abitabile di una stella nana rossa.

Alcuni modelli indicano che potrebbe possedere un mantello di ghiaccio ad alta pressione, ma con una sottile atmosfera ricca di idrogeno e una composizione chimica che lascia pensare alla possibile presenza di un oceano liquido sotto la superficie. L’INAF lo aveva già soprannominato “il sub-nettuniano che profuma di mare”.

Il telescopio Webb e l’enigma dei segnali deboli

Non è la prima volta che si solleva il velo su K2-18b. Già nel 2023 il team di Cambridge aveva segnalato tracce di DMS e DMDS. Ma un gruppo di scienziati californiani, guidato da Shang-Min Tsai, aveva raffreddato gli entusiasmi: “Il segnale si sovrappone troppo a quello del metano”, avevano dichiarato i più scettici, “e distinguere il DMS va oltre le capacità attuali del telescopio”.

Oggi, Madhusudhan e colleghi tornano alla carica con nuove osservazioni, che confermano un segnale più chiaro, anche se ancora statisticamente incerto. Secondo loro, basterebbero 16-24 ore di osservazione aggiuntiva con il James Webb per arrivare a una conferma o a una smentita definitiva.

Le ombre del dubbio

Non tutti sono convinti. Christopher Glein, scienziato del Southwest Research Institute, ha definito i dati “affascinanti”, ma invita alla cautela: “Dobbiamo testarli il più a fondo possibile. Attendo nuove analisi indipendenti”.

Il dubbio più spinoso? Il DMDS è stato rilevato anche su una cometa: e questo potrebbe indicare un’origine non biologica ancora sconosciuta. Inoltre, le concentrazioni rilevate su K2-18b sono migliaia di volte superiori rispetto a quelle terrestri. Che sia vita, oppure un processo chimico alieno che non conosciamo, resta per ora un mistero. Ma gli scienziati sono convinti di riuscire a dare una risposta nel prossimo futuro.

Una domanda eterna, un passo più vicino

Dal 1990 a oggi abbiamo scoperto quasi 6.000 esopianeti, ma solo una manciata potrebbe ospitare condizioni simili a quelle terrestri. K2-18b è uno di quei mondi sospesi tra il possibile e l’inimmaginabile, dove ogni spettro di luce può diventare una traccai di vita universale, lontanissima eppure familiare.

Se confermata, la scoperta del dimetil solfuro rappresenterebbe il primo segnale concreto di vita su un Pianeta simile alla Terra. E in un universo di silenzi, anche un sussurro chimico può rispondere alla domanda che l’umanità da sempre si pone: c’è vita nell’Universo? Forse non siamo soli, non del tutto.

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