
Quando Samia Bent Rejab Kedim è stata trovata senza vita nell’appartamento di Udine, la tragedia ha scosso tutta la comunità. La donna, originaria di Tunisia, è stata uccisa dall’ex marito, Mohamed Naceur Saadi, 59 anni, in un episodio di violenza domestica che si è concluso con un tragico incidente stradale. Nell’appartamento si trovava anche il figlio minore, che ha assistito alla scena e ha prontamente dato l’allarme rifugiandosi dai vicini.
Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, Saadi avrebbe colpito la ex moglie con numerose coltellate prima di allontanarsi. Poco dopo, l’uomo avrebbe perso il controllo dell’auto, schiantandosi contro un camion sulla strada statale 13 a Basiliano, dove ha perso la vita nell’impatto. La tragica sequenza si è svolta sotto gli occhi del bambino, che ora si trova orfano e sotto tutela di una comunità.
Gli investigatori hanno spiegato che gli agenti della Polizia di Stato, intervenuti su segnalazione dei vicini poco dopo le 11, hanno trovato Samia già morta in una pozza di sangue. Le testimonianze del giovane e la storia di violenza domestica di Saadi, già condannato in passato, hanno portato le forze dell’ordine a seguire una pista che ha portato alla sua morte in un incidente stradale.

L’ipotesi più accreditata è che l’uomo, abbia raggiunto Udine in treno, entrando nell’appartamento con le chiavi che aveva ottenuto dal figlio, ignaro delle reali intenzioni del padre. Il ragazzo, che ha due sorelle più grandi, si trova ora in stato di shock e ha perso entrambi i genitori.
Saadi, già condannato a un anno di reclusione per maltrattamenti, lesioni e violenza sessuale contro la ex moglie, era agli arresti domiciliari a Monfalcone con un braccialetto elettronico. Tuttavia, grazie a un permesso di uscita di due ore, concesso ogni martedì e giovedì per motivi essenziali, l’uomo ha potuto avvicinarsi a Udine e compiere il suo gesto fatale.
Il procuratore di Udine, Massimo Lia, durante la conferenza stampa, ha commentato: «Sono stati adottati tutti gli strumenti di tutela previsti dalla legge. Purtroppo, a volte, non si riesce ad evitare queste tragedie». Riguardo alle restrizioni, ha sottolineato che «l’autorizzazione a uscire rappresenta il punto debole: se una persona ha intenzioni malvagie e decide di agire, è molto difficile ostacolarla con strumenti diversi dal carcere. Solo quest’ultimo garantisce una protezione totale».
Una vicenda che riaccende il dibattito sulla tutela delle vittime e sull’efficacia delle misure restrittive, in un contesto in cui la lotta alla violenza di genere rimane una priorità assoluta.