
Jannik Sinner non ha mai avuto bisogno di difensori d’ufficio. Ma quando le ricostruzioni diventano distorsioni della realtà e le opinioni si trasformano in una sorta di mistificazioni, allora un punto fermo va messo. Perché, nonostante i chiarimenti netti e inequivocabili forniti da Wada e Itia, c’è ancora chi cerca visibilità rovistando nel torbido. E il caso Clostebol, già chiuso in sede ufficiale, continua a essere evocato a sproposito.
A mettere ordine ci ha pensato Franco Arturi sulla Gazzetta dello Sport. L’esperto giornalista, stanco di vedere il nome di Sinner trascinato in confronti fuorvianti e illazioni prive di fondamento, è intervenuto in modo molto netto, criticando aspramente le uscite di Serena Williams e Federica Pellegrini che, per motivi e in modi diversi, risultano goffe e fuori luogo.
Serena e il paragone impossibile con Sharapova
La frase di Serena – “a me avrebbero dato vent’anni” – è una boutade vittimistica, dice Arturi, che mal si addice alla statura di una campionessa del suo calibro. È un’esagerazione emotiva, non un’analisi dei fatti. E i fatti, appunto, parlano chiaro: Sinner non è mai stato accusato di doping, né ha mai violato i protocolli.
Il paragone con Maria Sharapova è infelice: la tennista russa assunse Meldonium per anni. Quando fu dichiarato sostanza proibita, L’Itf la avvisò, ma lei ignorò la comunicazione. Risultato: positività, squalifica, colpa personale. Con Sinner non c’è nulla di tutto questo. Solo uno spray cicatrizzante, usato dal fisioterapista, contenente Clostebol, poi trovato in quantità infinitesimali nelle analisi di Jannik. La differenza è enorme.

Serena, va detto, è stata spesso oggetto di critiche anche feroci – razzismo, sessismo, odio gratuito – e merita solidarietà piena. Ma con tutta la comprensione del mondo, questo non giustifica le semplificazioni sbagliate.
Pellegrini: quando il ruolo istituzionale impone più rigore
Diverso è il caso di Federica Pellegrini, che ha meno alibi. In un’intervista a Repubblica ha sostenuto che Sinner sia stato trattato in modo “diverso dal 99% degli atleti”. Peccato che sia falso. La sua versione ignora i dati ufficiali, sminuisce il lavoro delle agenzie internazionali e, soprattutto, lede la credibilità del sistema sportivo che lei stessa rappresenta.
Arturi parla apertamente di una ricostruzione in stile “disinformacija”, propaganda distorsiva da guerra fredda. Una narrazione basata su suggestioni e ambiguità. E che fa ancora più rumore, proprio perché proviene da una membro del CIO, il Comitato Olimpico Internazionale.
La WADA, organismo espressione del CIO, ha detto senza esitazioni che non si è trattato di doping, e che il caso è stato gestito correttamente e trasparentemente. Se la Pellegrini sostiene il contrario, oltretutto senza portare prove ma solo una sua personale opinione non si sa bene fondata su che cosa, smentisce la stessa istituzione che dovrebbe rappresentare.

Controlli, protocolli e verità confermate
Federica insiste anche sulla questione dei controlli a sorpresa – ma nel caso di Sinner non c’entrano nulla. Il protocollo è stato seguito alla lettera. La contaminazione accidentale è stata subito ritenuta credibile da tre esperti internazionali scelti dalla Wada, e confermata anche dopo analisi retroattive sui test dei 12 mesi precedenti. Nessuna traccia, nessuna anomalia, nessun dolo.
La differenza vera, rispetto ad altri casi simili, è nella prontezza e chiarezza con cui il team di Sinner ha ricostruito tutto. Altri ci hanno impiegato mesi, lui pochi giorni. Perché non c’era nulla da nascondere. Pellegrini continua a lamentare un trattamento ingiusto. Ma quando a smentirti non è solo l’opinione pubblica, ma anche molti colleghi sportivi, forse il problema non è un sistema oppressivo ma una strategia comunicativa sbagliata.
E in tutto questo Sinner rimane lì, sereno, impeccabile, silenzioso. Continua a rappresentare l’Italia con serietà, disciplina, sobrietà, e senza cercare scuse. Non ha bisogno di difese d’ufficio, ma ha diritto a non essere attaccato ingiustamente. Perché una cosa è certa: quando la verità è stata accertata, continuare a insinuare è una forma di violenza. E in questa guerra delle ombre, nessuno vince.