
Una volta, nelle conferenze stampa alla Casa Bianca, le domande scottavano. Adesso, invece, sono diventate surreali. Mentre il mondo si chiede che piega prenderà la politica americana, nella sala stampa di Washington sembra di assistere a una puntata speciale del MAGA (Make America Great Again) Show, dove l’unica cosa messa seriamente in discussione è la scelta del colore della cravatta del Presidente.
“Non trova che Trump sia in forma smagliante come mai visto prima?“, chiede Cara Castronuova – giornalista, sì, ma per una testata fondata nientemeno che da MyPillow, il re dei cuscini e della fedeltà trumpiana, Mike Lindell. Un tempo si chiedeva alla portavoce di chiarire le posizioni ufficiali su economia o guerra. Oggi si ipotizza, con candore, se Trump stia mangiando meno McDonald’s o abbia iniziato una dieta detox con Bobby Kennedy o se somigli a una versione 2.0 (o 0.2) di Rambo.
La nuova élite dell’informazione: influencer, blogger e “cuscini patriottici“
La nuova amministrazione Trump ha trovato la soluzione perfetta per evitare brutte sorprese nei briefing: invitare solo chi è d’accordo con lui. E così nella sala dei bottoni ora siedono podcaster ultraconservatori, blogger accusati di diffondere propaganda russa, giornalisti fidanzati con parlamentari MAGA e perfino gente che si occupa più che altro di guanciali ergonomici.
Il conduttore Brian Glenn, noto per aver sgridato Zelensky perché non indossava la cravatta giusta, è ormai una stella sempre presente. Jack Posobiec, il podcaster dalla destra più estrema che si possa immaginare negli Usa, è volato in Ucraina come parte di una delegazione ufficiale. Chi ha detto che l’informazione è morta? È solo passata di mano

La stampa “normale” balbetta, quella MAGA applaude
I giornalisti delle grandi testate? Sempre più timorosi, imbarazzati, forse nostalgici dei tempi in cui bastava una domanda scomoda per fare notizia. Adesso invece sembrano turisti in gita, mentre gli altri — quelli della galassia trumpiana — giocano in casa.
Il climax è stato raggiunto a Mar-a-Lago, dove, dopo una conferenza stampa di Trump, alcuni reporter si sono messi ad applaudire. Un tempo avrebbero perso l’accredito. Oggi, forse, si guadagnano una stretta di mano e un selfie con il presidente.
Il giornalismo ai tempi del MAGA: domande su misura e standing ovation
In questo nuovo format della democrazia a stelle e strisce, le domande non cercano risposte, ma conferme. I briefing sono diventati palcoscenici dove il copione è già scritto e i giornalisti recitano il ruolo di comparse adoranti. E fanno domande sempre più surreali.
C’è chi pensa che sia l’inizio della fine. C’è chi invece applaude. E poi c’è chi, tra un cuscino e un complotto, si chiede se davvero basti una cravatta sbagliata per perdere credibilità, o se la credibilità non sia ormai un dettaglio vintage. Come il buon vecchio giornalismo.