
L’imposizione dei dazi, lo smantellamento progressivo dello stato sociale e la guerra alle istituzioni culturali storiche: le scelte della nuova Casa Bianca stanno spiazzando osservatori e analisti. In molti si interrogano sulle vere intenzioni di Donald Trump, tornato alla guida degli Stati Uniti con un’agenda tanto radicale quanto mirata al controllo assoluto.
L’ultimo segnale è l’Allegato F, un ordine esecutivo del 2020 che Trump è pronto a ripristinare. La misura, già revocata da Joe Biden nel 2021, eliminerebbe le tutele per i dipendenti pubblici, consentendo al presidente di sostituirli con lealisti e ideologi politici. Una strategia che, secondo Axios, prepara il terreno a un vero e proprio ridisegno del potere federale.
L’ombra del Progetto 2025
Dopo la chiusura di organismi come il Dipartimento dell’Istruzione, USAID e FEMA, la nuova offensiva punta a un piano sistemico di riforma dello Stato. Secondo molti osservatori, si tratta di un mosaico che combacia perfettamente con il Progetto 2025, una visione elaborata dalla Heritage Foundation per riplasmare la macchina governativa americana.
Trump nega ogni legame diretto con il documento, ma le sue iniziative vi si sovrappongono in modo quasi matematico. Un’analisi della CNN ha rivelato che oltre due terzi dei suoi ordini esecutivi riprendono i contenuti del “Mandate for Leadership”: smantellamento della burocrazia, stretta sull’immigrazione, revoca delle normative ambientali e cancellazione dei programmi su diversità e inclusione.
Una lista dei desideri ultraconservatrice
Secondo la Kettering Foundation, l’Allegato F è perfettamente coerente con il Progetto 2025, perché allarga i poteri presidenziali e altera la natura stessa del governo federale. Ma cos’è, nel dettaglio, questo progetto? La BBC lo definisce una “lista dei desideri” lunga 900 pagine che propone una visione ultraconservatrice della società e concentra il potere nelle mani del presidente.
Molti degli autori del documento sono oggi membri chiave del team di Trump. Il progetto nasce dalla Heritage Foundation, potente think tank della destra americana, già protagonista nella costruzione del programma di Ronald Reagan nel 1981 e, più di recente, della prima amministrazione Trump.
Think tank e manuali di potere
Negli Stati Uniti è prassi che i think tank elaborino agende per i futuri governi, ma il ruolo della Heritage Foundation durante le presidenze repubblicane è stato decisivo. A un anno dall’elezione di Trump nel 2016, la stessa Heritage dichiarava che due terzi delle sue proposte erano già state adottate.
Nel 2023, l’ultima versione del progetto è stata presentata con scarso clamore. Solo con l’avvio della nuova campagna presidenziale è diventata oggetto di attenzione e opposizione, spingendo i democratici a formare una “Stop Project 2025 Task Force”.
I volti dietro il piano
“Non so nulla del Progetto 2025”, ha dichiarato Trump su Truth Social, prendendo le distanze da un documento che, però, porta la firma di molti suoi ex collaboratori. Tra questi, Paul Dans, capo dello staff presidenziale; Russell Vought, cristiano nazionalista alla guida dell’Ufficio di Bilancio; John Ratcliffe, ex direttore della CIA; e Peter Navarro, consigliere commerciale poco stimato anche da Elon Musk.
In tutto, oltre 100 organizzazioni conservatrici hanno contribuito alla stesura. Gli obiettivi dichiarati sono quattro: restaurare la centralità della famiglia, smantellare l’amministrazione federale, difendere sovranità e confini e garantire il “diritto divino” alla libertà individuale.
Verso un potere presidenziale assoluto
Molti elementi del Progetto 2025 sono già diventati decreti esecutivi. Tra le proposte centrali vi è la cosiddetta “teoria dell’esecutivo unitario”, che prevede la subordinazione totale delle agenzie federali, comprese quelle indipendenti, al presidente.
Il progetto chiede la revisione dell’FBI, accusata di arroganza e illegalità, e l’abolizione del Dipartimento dell’Istruzione, già avviata. Contiene anche oltre 200 riferimenti all’aborto, propone il ritiro della pillola abortiva e invoca una definizione di famiglia conforme ai valori biblici.
Confini, aborto, religione: l’agenda sociale
Il Progetto 2025 rilancia inoltre il muro al confine con il Messico, storica promessa trumpiana del 2016. Non dettaglia però la linea più estrema del nuovo Trump: l’espulsione di milioni di clandestini. Tuttavia, chiede una rigida applicazione delle leggi sull’immigrazione.
Sul piano sociale, il documento sostiene il ritorno a un ordine religioso e patriarcale, con attacchi frontali a ogni forma di espressione identitaria o di genere. Contro le iniziative DEI (diversità, equità, inclusione) Trump ha già agito, tornando a riconoscere ufficialmente solo due generi.
Fossili, oro e pornografia
La politica energetica è un asse forte di convergenza: combustibili fossili, via dall’Accordo di Parigi, stop a fondi pubblici per le rinnovabili. Il motto è quello della campagna: “Drill, baby, drill”.
In economia si parla di tagli fiscali, abolizione della Federal Reserve e persino ritorno a una valuta ancorata all’oro. Quanto alla pornografia, il Progetto 2025 ne invoca il bando, ma la Casa Bianca ha evitato l’argomento, forse anche per non perdere il sostegno indiretto delle big tech.
Una macchina da guerra ideologica
Il Progetto 2025 è costato 22 milioni di dollari e prevede anche strumenti concreti per l’attuazione: un database di conservatori fedeli, un programma di formazione, una struttura pensata per colonizzare l’amministrazione con un nuovo ceto dirigente.
I democratici annunciano battaglia, ma il loro peso oggi sembra irrilevante. Nel silenzio delle istituzioni, l’America assiste alla costruzione meticolosa di un nuovo potere presidenziale, meno liberale, più teologico, molto più pericoloso.