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Italia-Usa, ma quanto ci costa il rapporto preferenziale tra Donald e Giorgia! Tutti i conti

Pubblicato: 19/04/2025 08:25

Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca ha riaperto il canale privilegiato tra Washington e Roma, un asse che la premier Giorgia Meloni ha deciso di coltivare con determinazione. Ma il prezzo politico ed economico di questo rapporto preferenziale è tutt’altro che simbolico. L’Italia ha concesso molto — in termini di energia, fiscalità e difesa — nella speranza di ottenere da Trump protezione diplomatica, riconoscimento internazionale e forse qualche margine di manovra in Europa. Resta però da capire quanto ci costerà tutto questo, sul medio e lungo periodo.

Gas americano, costoso ma strategico

Uno dei capitoli più pesanti è quello dell’energia. L’Italia ha aumentato in modo significativo le importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) dagli Stati Uniti, accettando contratti di lungo periodo a prezzi più alti rispetto al gas di origine africana o mediorientale. La scelta è politica: garantire agli Stati Uniti uno sbocco stabile per il loro GNL e liberarsi definitivamente da ogni dipendenza residua dalla Russia. Ma la bolletta energetica italiana potrebbe risentirne, specie se i prezzi americani non scenderanno nei prossimi anni. E l’autonomia energetica, in realtà, si sostituisce con una nuova dipendenza, stavolta a stelle e strisce.

Poche tasse sui colossi digitali

In parallelo, l’Italia ha adottato una linea accomodante sul fronte della fiscalità digitale. Le pressioni americane sono note da tempo: evitare che i grandi gruppi tecnologici — da Meta a Google, da Amazon a Apple — vengano penalizzati da imposte locali sui ricavi. Il governo Meloni si è mostrato flessibile, di fatto congelando o ridimensionando l’applicazione della digital tax e puntando su soluzioni multilaterali più lente ma gradite a Washington. Per il contribuente italiano significa meno gettito, e per le imprese europee una competizione ancora più sbilanciata con i giganti Usa.

Difesa comune? Intanto compriamo americano

Infine, c’è la questione militare. Per compiacere Trump, da sempre ossessionato dall’idea che gli alleati Nato “non paghino abbastanza”, l’Italia ha ribadito l’impegno ad arrivare al 2% del PIL in spesa militare. Ma il come conta quanto il quanto. Una parte significativa di questi fondi finirà in acquisti diretti di tecnologia americana, dagli F-35 ai sistemi missilistici, bypassando le filiere industriali europee. Una scelta che rafforza l’alleanza atlantica ma indebolisce la sovranità strategica europea, proprio nel momento in cui l’UE dovrebbe dotarsi di un’autonomia in campo difensivo.

Un credito politico con interessi alti

In sintesi, il nuovo asse Roma-Washington presenta vantaggi evidenti sul piano geopolitico e della visibilità internazionale per Meloni. Ma comporta anche costi rilevanti, che ricadono sull’economia, sulla capacità fiscale e sull’industria strategica italiana. Il rapporto con Trump può sembrare vantaggioso nell’immediato, ma potrebbe rivelarsi, nel tempo, più vincolante che proficuo. Un credito politico che, alla lunga, rischia di maturare interessi pesanti.

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