
Nello Studio Ovale, dove ogni parola pesa come piombo, un attimo di esitazione può diventare virale. E così è stato per Valentina Maiolini-Rothbacher, interprete esperta, che giovedì scorso si è ritrovata a vivere il suo incubo peggiore: un blackout mentale durante l’incontro tra Giorgia Meloni e Donald Trump. Seduta accanto alla premier italiana in uno dei luoghi più simbolici della politica internazionale, Maiolini ha perso il filo proprio nel momento più delicato, costringendo Meloni a prendere in mano la traduzione del proprio discorso.
Il giorno dopo, mentre cerca riparo dal clamore mediatico a Santa Marinella, Maiolini ha scelto di parlare con il Corriere della Sera, offrendo una testimonianza sincera e senza filtri: «Chiedo scusa, non mi era mai successo. Non so cosa abbia fatto il mio cervello. Mi dispiace soprattutto di non essere stata utile al Presidente…». La vicenda è finita immediatamente sui media internazionali, con titoli tutt’altro che clementi: “Meloni zittisce l’interprete”, “Interprete italiana nervosa”. E lei, con lucidità, ha commentato: «È la peggiore cosa che possa capitare a un’interprete. Un terribile smacco».
Tutto è accaduto in pochi secondi, ma le immagini hanno fatto il giro del mondo. «Stavo traducendo in modo spezzettato, si capiva che qualcosa non funzionava. Meloni mi ha fatto un cenno e ha detto: “Ok, ci penso io”. E da quel momento si è autotradotta». Maiolini non si nasconde e anzi rivendica il comportamento della premier: «Ha fatto bene a interrompermi, era un incontro importante, si parlava di spese militari, e ogni parola contava. Io ero lenta, tornavo indietro, cercavo di riformulare… per fortuna non ho detto sciocchezze, ma non era abbastanza».
Non era la sua prima missione internazionale, eppure qualcosa ha inceppato il meccanismo: «Sono del 1970, non sono una novellina. Ho seguito Meloni in G7, G20, bilaterali… Lei parla spesso direttamente in inglese. Ma giovedì, vista la presenza dei giornalisti italiani, ha preferito parlare in italiano». E forse sono stati proprio i giornalisti a contribuire al caos: «Urla continue, niente moderatore. Trump si rivolgeva a me: “Prego, prego”, per sapere cosa stesse dicendo Meloni, e intanto faceva complimenti sulla voce della premier. Tutto questo forse mi ha disorientata. Ma poi, a mente fredda, i miei appunti erano chiarissimi».
Il confronto con la premier non c’è stato: «Subito dopo sono andata a prendere la valigia e sono partita per l’Italia. Finora mi hanno chiamato solo i colleghi, per esprimere solidarietà». Un momento difficile, insomma, vissuto in prima persona da chi è abituata a lavorare dietro le quinte. Senza medaglie, senza errori.
La vicenda di Valentina Maiolini-Rothbacher mette in luce la pressione estrema che grava su ruoli spesso invisibili ma cruciali, come quello degli interpreti diplomatici. Un momento di smarrimento può finire al centro di un caso mediatico globale, trasformando un lapsus in un simbolo. Alla fine, tra meme e analisi, c’è una verità che resta intatta: «Mi dispiace, è tutto». Un’ammissione umile, che racconta più di mille titoli.