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FMI, stime al ribasso per l’Italia: nel 2025 la crescita sarà solo dello 0,4%

Pubblicato: 22/04/2025 16:45

Il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto al ribasso le sue previsioni di crescita per l’Italia, stimando per il 2025 un aumento del PIL dello 0,4%, ovvero 0,3 punti percentuali in meno rispetto alle proiezioni di gennaio. Per il 2026 si prevede un +0,8% (-0,1 punti). Un taglio che non sorprende, visto il clima economico internazionale sempre più segnato da tensioni commerciali e incertezze geopolitiche.

L’Italia non è l’unico Paese a frenare: anche Germania, Francia e Regno Unito devono fare i conti con prospettive meno rosee. La Germania è addirittura prevista in crescita zero per il 2025. La Francia si fermerà a +0,6%, mentre Londra potrà contare su un modesto +1,1%. Unica nota lieta in Europa è la Spagna, per cui il FMI ha alzato le stime: la crescita per il 2025 sarà del 2,5%, con un incremento di 0,2 punti rispetto a gennaio.

Disoccupazione: Italia sopra la media Ue

Il Fondo ha anche aggiornato le stime sul tasso di disoccupazione. In Italia sarà del 6,7% sia nel 2025 che nel 2026, leggermente sopra la media europea (6,4% e 6,3%), ma comunque migliore rispetto alla Spagna (11,1%) e alla Francia (7,7% e 7,4%). Il nostro problema, semmai, è che gli stipendi sono calati rispetto al 2020 e sono i più bassi d’Europa (Grecia esclusa).

I dazi e l’incertezza sulle politiche commerciali affondano anche le due maggiori economie mondiali. Negli Stati Uniti, il PIL crescerà nel 2025 dell’1,7% (-0,4 punti), dopo un già magro +1,8% previsto per quest’anno (-0,9 punti rispetto alle precedenti stime). Anche la Cina segna il passo: +4,0% sia nel 2025 che nel 2026, con una revisione al ribasso di 0,6 e 0,5 punti.

Fase critica per l’economia mondiale

Secondo il FMI, il contesto globale è entrato in una “fase critica”. Dopo il +3,3% stimato per il 2024, la crescita mondiale scenderà al 2,8% nel 2025, mezzo punto percentuale in meno rispetto alle previsioni precedenti. Per il 2026 il PIL globale è atteso al +3,0% (-0,3 punti).

I rischi, spiega il Fondo, sono tutti al ribasso: la guerra commerciale, l’incertezza geopolitica e le politiche protezionistiche potrebbero comprimere ulteriormente la crescita. Per questo, l’FMI ha costruito tre scenari previsionali: uno di riferimento (basato sulle misure al 4 aprile), uno pre-2 aprile (prima dell’annuncio dei dazi) e uno post-9 aprile (dopo la reazione cinese).

La “guerra” per l’indipendenza bancaria

Nello scenario più pessimista, il mondo potrebbe fermarsi a un +2,8% nel 2025 e un +2,9% nel 2026. Nei Paesi avanzati, il Fondo prevede un’accelerazione dell’inflazione. Per il Regno Unito la crescita dei prezzi è stata rivista al rialzo di 0,7 punti, per gli Usa addirittura di un intero punto. Il FMI stima che l’inflazione americana resterà al 3% nel 2025, con un impatto rilevante sul potere d’acquisto.

Il capo economista del Fondo, Pierre-Olivier Gourinchas, ha lanciato un messaggio chiaro: “L’indipendenza delle banche centrali è un caposaldo. Serve a mantenere ancorate le aspettative sull’inflazione e a garantire la credibilità degli istituti centrali, soprattutto in tempi turbolenti”. Un’affermazione che suona come una risposta indiretta alle pressioni politiche lanciate da Trump verso la Federal Reserve e il suo presidente Powell.

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