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JD Vance avvisa Putin e Zelensky: “O la pace, o ce ne andiamo”. L’ultimatum americano scuote il mondo

Pubblicato: 23/04/2025 13:02

Le parole sono state pronunciate con la freddezza strategica che solo la geopolitica consente, ma il messaggio è stato chiarissimo: “Abbiamo avanzato una proposta molto esplicita… ora devono dire di sì, oppure gli Stati Uniti abbandoneranno il processo”. Così il vicepresidente americano J.D. Vance, in visita ufficiale in India, ha lanciato un messaggio che sa di ultimatum e ridefinisce il ruolo degli Stati Uniti nella guerra più destabilizzante d’Europa dal 1945.

Dall’interventismo alla pressione per la pace: la svolta di Washington

La dichiarazione di Vance segna un cambio di dottrina. Da sostenitore (anche se mai illimitato) dell’Ucraina, il nuovo asse della Casa Bianca – a guida Trump – spinge ora per un accordo negoziato. E lo fa con uno strumento che sa di ricatto geopolitico: la minaccia del disimpegno.

A oltre due anni dall’invasione russa, con migliaia di morti e milioni di sfollati, gli Stati Uniti sembrano dire: “Abbiamo fatto la nostra parte. Ora tocca a voi”. Ma davvero Washington è pronta a sfilarsi dal conflitto? E soprattutto: quali sono le conseguenze reali di questa svolta?

Un messaggio per Zelensky (e per Putin)

Chi conosce Vance sa che le sue parole non sono casuali. L’ex senatore dell’Ohio, oggi numero due di Donald Trump, è da tempo un sostenitore della “realpolitik del Pacifico”, ovvero una linea estera meno interventista, orientata a contenere la Cina piuttosto che impelagarsi in guerre a lungo raggio, soprattutto in Europa. Perché la priorità americana è altrove.

Il messaggio è duplice. A Zelensky si dice: “Il nostro sostegno non è eterno. Se vuoi continuare a ricevere armi, devi sederti al tavolo, anche a costo di cedere territori“. A Putin suggerisce: “Hai l’occasione di uscire con qualcosa in mano, prima che gli Stati Uniti perdano del tutto la pazienza. E a quel punto non avrai nessuno a mediare”.

In mezzo, la carne viva dell’Europa orientale, che rischia di veder trasformato un conflitto in stallo in una pace imposta, con tutte le instabilità che ne conseguono. Difficilmente Putin si muoverà al di fuori della cerchia delle Repubbliche baltiche che circondano la Russia. Il suo obiettivo è ricreare un cuscino di sicurezza senza truppe occidentali. Ma i Paesi dell’Est, dopo 80 anni di dittatura sovietica, non si fidano.

La questione dei “territori da scambiare”

Il punto più controverso delle parole di Vance però è un altro. Il vicepresidente parla esplicitamente di “scambi di territori”, sfidando un tabù della diplomazia occidentale degli ultimi due anni. Finora, nessun alleato dell’Ucraina aveva apertamente ventilato la possibilità di legittimare le conquiste territoriali russe in cambio della pace.

Ma questa frase cambia tutto. È un segnale chiaro: per l’amministrazione americana, l’integrità territoriale ucraina non è più intoccabile. E questo cambia anche l’equilibrio interno alla Nato, dove già Paesi come l’Ungheria di Orbán o la Slovacchia di Fico spingevano per un accordo che assegnasse territori a Mosca. Una posizione sinora messa in minoranza e ostracizzata, che all’improvviso diventa la stessa degli americani. Un cambio epocale..

Le reazioni internazionali

A Bruxelles, la dichiarazione è rimbalzata come un fulmine in una sala diplomatica già satura di tensioni. Alcuni vedono nella posizione americana un’occasione per aprire davvero un negoziato. Altri temono un precedente devastante: se la Russia ottiene territori con la forza, che messaggio si manda alla Cina su Taiwan? O alla Turchia sul Kurdistan?

Ma, paradossalmente, se Trump vuole la fine della guerra è anche perché sa che la partita vera si giocherà con la Cina e proprio intorno a Taiwan, isola contesa non solo per questioni politiche, ma soprattutto economiche, visto che lì si producono i chip di alta tecnologia che fanno funzionare il mondo. Senza quei chip, l’economia crollerebbe e tutto si fermerebbe. Un dramma da scongiurare a tutti i costi.

La posizione dell’India, corteggiata dagli americani

Nel frattempo, l’India – dove Vance ha pronunciato il discorso – osserva compiaciuta. Nuova Delhi è da tempo corteggiata da Washington come alleato strategico anti-Cina, ma senza doversi sporcare le mani nei conflitti altrui. Quello che emerge è chiaro: la guerra in Ucraina è entrata nella sua fase più cinica. Ma inevitabile, perché fa parte del percorso di uscita da tutte le guerre. E la questione geopolitica si sta spostando altrove.

Gli ideali di resistenza e autodeterminazione di Kiev iniziano così a cedere il passo a logiche di equilibrio, scambio e potere. Gli Stati Uniti sembrano pronti a usare il loro peso per porre la guerra sotto controllo. Per l’Europa, per l’Ucraina, per il mondo, comincia adesso una partita nuova. Forse più silenziosa, ma non meno pericolosa.

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Ultimo Aggiornamento: 23/04/2025 13:25

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