
Era il 20 gennaio 2024 quando Papa Francesco, già debilitato dalla bronchite che lo avrebbe poi costretto al ricovero al Gemelli, confidava in un messaggio al giornalista Lucio Brunelli il desiderio di compiere un viaggio a Gaza, per visitare di persona la piccola comunità cattolica locale. «Ne parlerò con la Segreteria di Stato per sondare la cosa», scriveva Bergoglio, lasciando trasparire un sogno tanto audace quanto impossibile da realizzare in quelle condizioni.
A rivelarlo è stato lo stesso Brunelli, nel ricordo pubblicato su L’Osservatore Romano, riprendendo un passaggio del numero speciale di Vita dedicato ai dieci anni di pontificato di Francesco. «Commuove il pensiero del Papa quasi novantenne, malato, che desiderava essere fisicamente vicino alla popolazione della Striscia di Gaza», scrive il giornalista.
Il filo diretto con padre Romanelli
Sin dall’inizio dei bombardamenti israeliani, il Pontefice ha mantenuto un contatto quotidiano con padre Gabriel Romanelli, parroco della piccola comunità cristiana della Striscia. Dal 9 ottobre 2023, la telefonata — in realtà una videochiamata serale — era diventata un appuntamento fisso. Francesco non si limitava a sentire il sacerdote, ma voleva vedere i bambini, sapere come stavano, cosa avevano mangiato, farsi sentire presente e vicino come un nonno lontano alla sua famiglia.
Anche nel momento più critico della sua salute, dopo la grave crisi del 22-23 febbraio, una delle prime cose che ha chiesto, una volta ripresa coscienza, è stata di poter parlare con il parroco di Gaza.
Un gesto semplice, un messaggio potente
Nelle telefonate non c’erano contenuti eclatanti. Ma il Papa stesso ha voluto che fosse reso pubblico il gesto, tanto da chiedere che la notizia della telefonata venisse inserita nei bollettini medici ufficiali. Un modo per sottolineare il valore umano e simbolico di quel contatto: la chiamata del Papa voleva essere un segno di speranza e vicinanza concreta.
Secondo il cardinale Pierbattista Pizzaballa, questo sguardo rivolto a una comunità marginale è uno di quei dettagli che restituiscono in modo pieno il senso del pontificato di Francesco. La sua attenzione per Gaza non era solo un fatto pastorale: attraverso quella chiamata, parlava al mondo.
Gaza, crocevia dei destini globali
Francesco ha scelto di mettere al centro dell’attenzione una realtà inerme, dimenticata, ma collocata su una faglia geopolitica decisiva. La sua videochiamata serale rappresentava non solo un gesto di affetto, ma anche un giudizio morale, un modo per ricordare al mondo che la dignità umana non può essere schiacciata dalla logica della guerra.
Il viaggio a Gaza, seppur mai realizzato, resta il simbolo di un papato che ha fatto della prossimità ai piccoli e ai sofferenti la sua bussola.