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“Lasciamo l’Ue”. Dopo la Brexit, un altro Paese pronto all’addio: il clamoroso annuncio

Pubblicato: 24/04/2025 19:38

Dopo la Brexit, l’Unione Europea potrebbe presto trovarsi ad affrontare una nuova potenziale frattura. Questa volta a scuotere il progetto comunitario è un Paese dell’Europa centrale che, pur essendo membro dal 2004, mostra sempre più chiaramente segni di distacco politico e ideologico. Una spaccatura alimentata da un governo sempre più critico verso Bruxelles, pronto a mettere in discussione non solo le decisioni della Commissione Europea, ma l’intera appartenenza all’Ue.
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Il contesto di questa crescente tensione è una consultazione popolare lanciata dal governo per conoscere l’opinione dei cittadini sull’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea. Si tratta di un voto non vincolante, ma con un fortissimo peso simbolico. I toni usati sono quelli di una propaganda martellante: manifesti giganti con i volti di Zelensky e von der Leyen, slogan populisti contro “l’imposizione di Bruxelles”, e una narrazione che presenta l’Ucraina come una minaccia economica e sociale.

A guidare questa offensiva è il premier Viktor Orban, e il Paese in questione è l’Ungheria. Durante un forum del partito di governo Fidesz, Orban ha sollevato apertamente la possibilità che Budapest possa uscire dall’Unione Europea, affermando che “se l’Ue fosse stata come oggi nel 2004, non è certo che vi saremmo entrati”. Parole che pesano, anche se accompagnate da una precisazione: “Quel momento non è ancora arrivato”. Ma il messaggio è chiaro: la permanenza dell’Ungheria nell’Ue non è più scontata.

Nel mirino del premier ci sono i fondi europei, la politica agricola comune, e la gestione della guerra in Ucraina. Orban sostiene che l’ingresso di Kiev in Europa potrebbe distruggere tutto ciò che l’Ungheria ha ottenuto negli ultimi 15 anni: dalla stabilità fiscale ai sussidi agricoli, fino alle politiche familiari tanto care al suo elettorato. L’obiettivo del premier è duplice: rafforzare la propria posizione all’interno dell’Ue e contenere la crescente opposizione interna rappresentata da Peter Magyar, sfidante temibile in vista delle prossime elezioni.

Il linguaggio usato da Orban è quello tipico dell’euroscetticismo radicale: Bruxelles viene descritta come un’entità estranea, che impone decisioni calate dall’alto, incurante degli interessi nazionali. Un tono che fa eco a quello adottato, anni fa, dal fronte pro-Brexit nel Regno Unito. Anche se non si parla ancora di referendum ufficiale, le parole di Orban preparano il terreno per una frattura futura, magari strumentalizzata in campagna elettorale.

Per ora, l’Ungheria resta formalmente ancorata all’Ue. Ma il processo in corso è evidente: si tratta di una progressiva delegittimazione del progetto europeo, portata avanti attraverso voti simbolici, propaganda interna e scontro politico con Bruxelles. E mentre l’Unione si prepara ad affrontare la sfida dell’allargamento verso Est, potrebbe trovarsi di fronte al paradosso di dover gestire, contemporaneamente, una nuova entrata e una possibile uscita.

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