
Ora che Papa Francesco non c’è più, resta il segno più semplice. Il più potente. Scenderà nella terra con le stesse scarpe nere con cui ha camminato per anni tra la gente. Scarpe ortopediche, consunte. Scarpe da uomo anziano, non da principe. Non le babbucce rosse dei riti solenni. Non le vesti della gloria. Solo il passo umile e stanco di chi ha voluto essere fino alla fine il Pontefice degli ultimi.
Quelle scarpe parlano più di mille omelie. Hanno percorso corsie d’ospedale, polvere di favelas, marciapiedi di periferia. Hanno accompagnato parole di misericordia e silenzi più forti della politica. Si sono piegate, come lui, di fronte alla sofferenza del mondo.
Francesco è morto, ma ha lasciato dietro di sé un cammino. E lo ha fatto senza clamore, senza fasto, senza paura di mostrarsi fragile. Con addosso l’essenziale. Con ai piedi la sua fede, che non ha mai avuto bisogno di orpelli per farsi vedere.
Ora che il suo corpo torna alla terra, quelle scarpe diventano reliquia viva. Non oggetto di museo, ma eredità morale. Ci dicono che il Vangelo non ha bisogno di abiti sontuosi, ma di passi. Veri. Consunti. Ostinati. Come i suoi.