
La Messa dei funerali di Papa Francesco sarà celebrata in latino, secondo il rito previsto per la morte di un Pontefice. Non si tratta di una scelta formale o cerimoniale, ma di un gesto denso di significato, che intreccia tradizione, universalità e sacralità.
Nel momento in cui la Chiesa si raccoglie per congedarsi dal suo Vescovo e successore di Pietro, la lingua latina diventa simbolo visibile di unità tra popoli, culture e generazioni. Non è nostalgia di un passato remoto, ma consapevolezza che il latino, in quanto lingua non nazionale, è capace di unire oltre le frontiere, parlando a tutti proprio perché non è lingua di nessuno. È la lingua della Chiesa universale, che non appartiene a un Paese ma al mondo.

Il latino è la lingua in cui sono stati celebrati i Concili, scritte le encicliche, tramandati i testi fondativi del pensiero cristiano. È anche la lingua in cui, per secoli, si è svolta la Messa di ogni giorno, e in cui si è pregato nei momenti più solenni della storia della Chiesa. Celebrare i funerali di un Papa in latino significa riconnettersi a questa lunga linea di continuità, in cui ogni parola detta o cantata è già stata detta e cantata da generazioni di credenti.
Non è un caso che, nel corso della Messa, venga letto il “rogito”, il documento in latino che riassume la vita del Pontefice e che sarà poi deposto nella tomba: è il modo con cui la Chiesa affida alla storia non solo i gesti e le opere, ma anche le parole, fissandole in una lingua pensata per durare.
Per Papa Francesco, che ha voluto funerali sobri e privi di titoli solenni, il latino non è stato un orpello, ma un segno di appartenenza alla comunità cristiana nella sua forma più essenziale. Non è la lingua del potere, ma quella della preghiera. Non è spettacolo, ma liturgia: parola detta per essere ascoltata nel cuore più che capita con la mente.
Nel rito funebre, il latino ricorda che la morte di un Papa non riguarda solo Roma, ma il mondo intero. Che il dolore e la speranza della Chiesa non hanno bisogno di traduzioni. E che, proprio nell’ora dell’addio, una lingua antica può diventare il luogo più autentico dell’incontro.