
Due sedie rosse al centro della Basilica. Due uomini chini l’uno verso l’altro, come se cercassero di proteggere il fragile peso delle parole. In un momento che non era previsto da nessun protocollo, Donald Trump e Volodymyr Zelensky si sono parlati.
Intorno, il marmo sacro di San Pietro, il cuore del cattolicesimo mondiale. Sopra di loro, il respiro millenario della Chiesa. Davanti a loro, la bara di un Papa che ha lottato per la pace, fino all’ultimo respiro. Francesco, il pontefice che ha rifiutato i muri e le guerre, che ha scelto i poveri, che ha invocato il dialogo anche quando sembrava impossibile.
Un gesto inatteso, nel cuore del lutto
Eppure, proprio durante i suoi funerali, è accaduto un gesto che nessuno si aspettava. Un presidente americano rieletto e un presidente in guerra, seduti faccia a faccia, senza bandiere, senza eserciti, senza telecamere invadenti. Solo due esseri umani di fronte al dolore del mondo, nel luogo che da secoli custodisce le domande più grandi: chi siamo, dove stiamo andando, se esiste ancora una strada per tornare a parlarsi.
Non sappiamo cosa si siano detti. Ma sappiamo che hanno parlato. Che si sono avvicinati. Che hanno scelto di farlo nel momento del lutto per un uomo che, con la sua vita, ha provato a ricordarci che la pace non è un’utopia: è un dovere.
Una fiamma accesa nel buio
Questa foto non è diplomazia, non è politica. È un simbolo sacro. Un’icona fragile e potente, come una fiamma accesa nel buio. Non cambierà il mondo da sola. Ma resterà. Come restano certi istanti, quando l’umanità riesce, per un attimo, a riconoscersi ancora nel volto dell’altro.
Forse è solo un sussurro, ma nel silenzio di San Pietro ha fatto più rumore di mille proclami.