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Perché il Papa cambia nome? I segreti di una tradizione millenaria

Pubblicato: 26/04/2025 07:15

Nel momento esatto in cui il mondo sente pronunciare il celebre annuncio “Habemus Papam”, un altro passaggio avviene, più silenzioso ma non meno potente: il neoeletto Pontefice cambia nome. Un importante rito di passaggio. Ma perché accade? E soprattutto, come viene scelto il nome papale? Dietro questa decisione si nasconde un universo di storia, simboli, devozioni personali e, talvolta, pure strategia.

La tradizione risale al primo Papa della storia, quello che oggi conosciamo come Pietro. In realtà si chiamava Simone, ma secondo il Vangelo di Matteo fu Gesù stesso a ribattezzarlo: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”. Quel cambio di nome, simbolico e spirituale, divenne il modello. Ma nei primi secoli del cristianesimo i suoi successori non seguirono immediatamente l’esempio: i primi Papi mantennero il proprio nome di battesimo, senza avvertire la necessità di un cambio identitario.

Tutto cambia nel 533 con Papa Giovanni II. Il suo nome di nascita era, appunto, Mercurio: un riferimento troppo pagano per guidare la Chiesa cristiana. Per questo scelse un nome nuovo, più adatto al ruolo. Fu un caso isolato? Non proprio. Nel tempo, la consuetudine prese piede, consolidandosi definitivamente nel 983, quando Pietro Canepanova divenne Papa Giovanni XIV. Da allora, cambiare nome diventò regola non scritta, ma ben osservata. Il significato profondo di questa scelta è chiaro: diventare Papa non è solo un cambio di ruolo, ma un’autentica “morte simbolica” della persona privata e una rinascita pubblica. Cambiare nome segna l’inizio di una nuova esistenza, completamente dedicata alla Chiesa. E come ogni nuovo inizio, richiede un simbolo, un nome che racconti un’intenzione.

Ma il motivo è anche molto pratico. Alcuni nomi di battesimo risultavano inadatti alla solennità del ruolo. Nomi germanici, troppo moderni, legati a figure controverse o poco “papabili”. Meglio rifugiarsi nella tradizione: Giovanni, Gregorio, Benedetto, Leone, Pio. Non a caso, Giovanni è il più amato dai Pontefici: lo hanno scelto ben 21 volte. Come si sceglie il nome? Non esiste una regola scritta. È una decisione totalmente personale, spesso maturata nei minuti successivi all’elezione. E le motivazioni possono essere le più varie.

Angelo Giuseppe Roncalli, nel 1958, scelse Giovanni XXIII per amore del padre, per il legame con la sua chiesa di battesimo, e per devozione a San Giovanni Battista. Karol Wojtyla, nel 1978, decise di proseguire l’eredità di Luciani, diventando Giovanni Paolo II. Un gesto di continuità e omaggio. Al contrario, scegliere un nome nuovo, mai usato, può segnare una rottura col passato: lo ha fatto Jorge Mario Bergoglio nel 2013, scegliendo Francesco, ispirandosi all’umiltà e alla povertà del santo di Assisi.

Non sempre l’ispirazione arriva dal Vangelo. Nel 1492 Rodrigo Borgia si fece chiamare Alessandro VI, in onore di Alessandro Magno. Giuliano della Rovere, nel 1503, optò per Giulio II: un mix tra il suo nome di battesimo e l’eco del potere di Giulio Cesare. Poi ci sono i casi da manuale di diritto canonico: Benedetto XVI, ad esempio, porta quel numero perché Benedetto X era in realtà un antipapa. E Giovanni XX? Non esiste. Un vuoto lasciato per evitare confusione con l’antipapa Baldassarre Cossa (Giovanni XXIII del XV secolo), protagonista dello scisma d’Occidente.

C’è chi sostiene che il nome scelto indichi già l’impronta del pontificato. E forse non è un caso che Francesco abbia portato avanti una rivoluzione pastorale, spostando il baricentro della Chiesa dal potere alla periferia. O che Benedetto, dal latino benedīcere – dire bene – abbia guidato un pontificato rigoroso, riservato e intellettuale. Ora che si attende un nuovo Conclave, ci si interroga non solo chi sarà il prossimo Papa, ma anche come si chiamerà. Perché, a volte, un nome dice già tutto.

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Ultimo Aggiornamento: 26/04/2025 07:46

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