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La svolta di Donald Trump, adesso il nemico è Putin: “Basta attacchi”

Pubblicato: 28/04/2025 06:36

Donald Trump rilancia il suo ruolo di mediatore nella guerra tra Russia e Ucraina, dopo un incontro considerato “molto positivo” con Volodymyr Zelensky avvenuto sabato scorso a San Pietro, poco prima del funerale di papa Francesco. Un colloquio che il presidente americano ha descritto con toni quasi entusiastici, parlando dell’”ufficio più bello che abbia mai visto” e di un clima che definisce finalmente costruttivo. “Zelensky è più calmo, vuole un accordo, e credo sia pronto a cedere la Crimea”, ha spiegato Trump di fronte ai giornalisti, confermando tutte le indiscrezioni circolate nelle ore successive all’incontro.

L’incontro di San Pietro cambia gli equilibri

La svolta impressa a San Pietro sembra potenzialmente decisiva. Per la prima volta dall’inizio del suo secondo mandato, Trump appare realmente intenzionato a forzare i tempi della pace. Dopo mesi di approccio prudente, il presidente americano si è detto deluso dall’atteggiamento di Vladimir Putin, reo di aver ripreso i bombardamenti sui civili subito dopo aver discusso di possibili negoziati. “Mi ha sorpreso e deluso”, ha commentato, lasciando intendere che, se Mosca dovesse continuare sulla linea della guerra, gli Stati Uniti potrebbero adottare misure molto più dure.

Trump ha precisato che l’offerta discussa comprende la rinuncia, da parte dell’Ucraina, a contestare la sovranità russa sulla Crimea, in cambio di una cessazione immediata delle ostilità e dell’apertura di un tavolo negoziale internazionale. Un passaggio storico che, se confermato, segnerebbe una svolta nel conflitto e nella posizione ufficiale di Kiev, fino ad ora irremovibile sulla rivendicazione dei propri territori.

Alla domanda diretta su una possibile cessione della Crimea, Trump ha risposto: “Penso di sì”, riferendosi alla disponibilità mostrata da Zelensky. Il capo della Casa Bianca ha comunque precisato che il presidente ucraino ha chiesto nuovi aiuti militari, una richiesta che definisce “abituale”, ma che stavolta sembra integrarsi in una strategia diplomatica più ampia.

Pressione crescente su Mosca

Il nuovo atteggiamento di Trump rappresenta un cambio di paradigma nei rapporti con Mosca. Se fino a pochi mesi fa il presidente americano si era mostrato disponibile al dialogo con Putin, oggi la sua posizione appare molto più rigida. “Putin deve smettere di sparare e trattare”, ha ammonito ieri, tornando a minacciare l’adozione di nuove sanzioni ancora più severe.

Una strategia che combina pressione militare, diplomatica ed economica, e che mira a mettere Putin di fronte a un bivio: accettare un accordo favorevole o esporsi al rischio di un isolamento internazionale sempre più asfissiante.

Ad appoggiare la linea dura è intervenuto anche il segretario di Stato Marco Rubio, il quale, pur ammettendo che un’intesa ancora non è stata raggiunta, ha chiarito la delicatezza della situazione. “Nel momento in cui si passa alle sanzioni si abbandonano gli sforzi diplomatici e si apre la porta ad altri due anni di guerra”, ha spiegato. Per questo, ha sottolineato Rubio, “questa settimana cercheremo di determinare se Russia e Ucraina vogliono veramente la pace, e quanto sono ancora vicine o lontane”.

Una pace sotto guida europea

Il consigliere per la sicurezza nazionale Waltz ha ribadito che l’obiettivo degli Stati Uniti resta “una fine permanente della guerra”, costruendo un’architettura di sicurezza guidata dagli europei. Una scelta che mira a responsabilizzare maggiormente il continente sul fronte della difesa comune, in linea con il nuovo approccio americano, più concentrato su un ridimensionamento delle missioni militari dirette.

In questo contesto, il ruolo delle potenze europee diventa cruciale: un eventuale accordo di pace, infatti, dovrà prevedere non solo garanzie per l’Ucraina, ma anche un equilibrio in grado di prevenire nuove escalation nell’area orientale del continente.

Mosca apre, ma temporeggia

Da parte russa, i segnali sono ancora ambigui. Il ministro degli Esteri Sergej Lavrov, intervistato dalla televisione americana CBS, ha confermato che “la dichiarazione di Trump menziona un accordo e siamo pronti a raggiungerlo”, ma ha subito precisato che “restano ancora alcuni elementi specifici da perfezionare”.

Un messaggio che appare come un tentativo di guadagnare tempo, mentre sul terreno le operazioni militari non si fermano. La Casa Bianca, però, sembra determinata a non tollerare ulteriori dilazioni. Trump, forte di un consenso interno tornato in crescita e del sostegno di una parte significativa del Congresso, non sembra disposto ad aspettare ancora a lungo.

Con la pazienza americana che si assottiglia e la pressione diplomatica che aumenta, le prossime settimane potrebbero essere decisive per capire se il conflitto in Ucraina sta davvero entrando nella sua fase finale, o se invece è destinato a prolungarsi ancora, con esiti sempre più imprevedibili.

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