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Medvedev: “Svezia e Finlandia in un blocco ostile, possibili bersagli di armi nucleari”

Pubblicato: 29/04/2025 13:44
Medvedev Svezia Finlandia bersagli

Le dichiarazioni di Dmitri Medvedev, vice segretario del Consiglio di sicurezza della Russia ed ex presidente della Federazione, segnano un nuovo, allarmante capitolo nell’escalation tra Mosca e i Paesi del blocco atlantico. Secondo quanto affermato da Medvedev, l’adesione di Svezia e Finlandia alla Nato ha trasformato i due Stati nordici in un “blocco ostile”, rendendoli di fatto un bersaglio militare legittimo per la Federazione Russa, anche attraverso la possibile inclusione della componente nucleare nelle strategie di difesa e attacco.
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Le parole dell’ex presidente non lasciano spazio a interpretazioni: “Ora che fanno parte dell’Alleanza, si trovano automaticamente nel nostro mirino. In caso di conflitto, saranno i primi a essere colpiti”. Un riferimento diretto alla nuova posizione geopolitica di Helsinki e Stoccolma, che hanno abbandonato la loro storica neutralità a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina, decidendo di unirsi formalmente alla Nato.

Medvedev: “Scelte geopolitiche che hanno un prezzo”

Secondo Medvedev, prima dell’adesione all’Alleanza atlantica, Svezia e Finlandia godevano di una posizione diplomatica vantaggiosa, proprio grazie al loro status di Paesi non allineati. “Avevano alcune preferenze internazionali, dovute a una combinazione di fattori geopolitici e storici”, ha spiegato, lasciando intendere che l’ingresso nel blocco occidentale ha cancellato ogni forma di privilegio.

L’accusa rivolta alle due capitali nordiche è chiara: aver rinunciato alla neutralità significa, per il Cremlino, aver scelto consapevolmente di schierarsi contro la Russia. Una decisione che, secondo la linea espressa da Medvedev, comporta rischi concreti, in primis l’essere considerati potenziali obiettivi in scenari di guerra, inclusi quelli in cui potrebbe essere contemplato l’uso di armi nucleari.

Le minacce a Zelensky e il rischio di escalation

Durante il suo intervento, Medvedev ha rivolto un attacco diretto anche al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, definendolo un “tipo patologico” dopo che quest’ultimo aveva lodato i servizi segreti ucraini per l’eliminazione del generale russo Yaroslav Moskalik. “Quando il capo di uno Stato si vanta di simili azioni, è evidente come potrebbe finire: in modo molto triste”, ha affermato, suggerendo implicitamente la possibilità di una rappresaglia personale.

Le dichiarazioni di Medvedev si inseriscono in una retorica già consolidata. Fin dal 2022, l’ex presidente ha minacciato ripetutamente l’uso di armi nucleari, ogniqualvolta i Paesi occidentali hanno aumentato il proprio sostegno militare all’Ucraina, superando quelle che il Cremlino definisce “linee rosse”. Queste dichiarazioni, spesso accompagnate da riferimenti apocalittici a una possibile Terza guerra mondiale, sono diventate un elemento costante del discorso pubblico russo, volto a scoraggiare ulteriori interventi occidentali.

Shoigu conferma: armi nucleari per la deterrenza

Il 24 aprile, anche Sergei Shoigu, ex ministro della Difesa e attuale segretario del Consiglio di sicurezza, ha ribadito la possibilità di ricorrere alle armi atomiche in caso di un attacco contro la Federazione o la Repubblica di Bielorussia. Shoigu ha richiamato le modifiche introdotte nel novembre 2024 ai “Fondamenti della politica statale della Federazione Russa nel campo della deterrenza nucleare”, sottolineando che Mosca si riserva il diritto di utilizzare armamenti strategici non solo in risposta a un attacco nucleare, ma anche in caso di aggressione convenzionale.

“Osserviamo con attenzione i preparativi militari dei Paesi europei”, ha aggiunto Shoigu, alludendo a una crescente preoccupazione russa verso la militarizzazione dell’Europa e al potenziale pericoloso ampliamento delle aree di frizione tra Mosca e l’Occidente.

Uno scenario sempre più instabile

Le parole di Medvedev e Shoigu confermano la direzione assunta dalla retorica russa: un costante aumento della pressione verbale, teso a legittimare scenari di scontro diretto con l’Occidente e a rafforzare l’immagine di un Paese accerchiato, ma pronto a reagire con tutti i mezzi a disposizione. L’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato rappresenta, in questa narrazione, non un fatto marginale ma un punto di svolta che, agli occhi del Cremlino, modifica profondamente gli equilibri di sicurezza regionale.

In un contesto in cui le minacce nucleari tornano a occupare un ruolo centrale nel linguaggio politico e militare, il rischio di incidenti diplomatici o escalation involontarie appare sempre più concreto. Con la tensione che continua a crescere lungo il confine orientale dell’Alleanza, la sicurezza del nord Europa si fa ogni giorno più fragile.

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