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Papa Francesco, la clamorosa rivelazione del nipote: “Ci diceva di non farlo”

Pubblicato: 29/04/2025 07:42

Su «Repubblica» il ricordo commosso di Papa Francesco. A parlare Pablo Narvaja-Bergoglio, 61 anni, direttore del centro di ricerca in educazione all’università di Moreno, in Argentina. La voce si incrina, ma non cade mai nella retorica: «È lui, è proprio lui. Ha fatto quel che ha potuto. Ed era una brava persona».

A pochi giorni dalla morte del Papa, la famiglia Bergoglio si è ritrovata a Roma per i funerali dello zio. «Tutta la famiglia pregava per la sua salute, uno spera sempre in un anno di vita di più… e invece lunedì è arrivata la notizia tristissima», racconta Pablo. Le distanze geografiche non hanno fermato i parenti, arrivati da ogni parte del mondo: «Una cugina era in Centro America, uno in Brasile, mia figlia a New York, uno a Madrid, e poi i parenti da Bergamo, da Torino, dal Piemonte. Non tutti avevano i soldi per venire, ma ci siamo messi in moto subito».

Alla domanda su cosa abbia provato vedendo la folla che ha riempito piazza San Pietro, il nipote non ha dubbi: «Era la risposta della gente a un Papa che ha fatto aprire le porte della Chiesa a tutti, un ringraziamento». Fino alla fine, Papa Francesco non ha mai smesso di esporsi, anche a rischio della propria salute: «Si è donato, non si risparmiava, voleva trasmettere il messaggio di Gesù fino all’ultimo. E così ha fatto. È morto sul campo. Nella battaglia!».

Ma Pablo non si limita all’omaggio: avverte il rischio di sterilizzare il messaggio dello zio. «Il primo pericolo è considerarlo isolato, come se non fosse parte della storia della Chiesa. Francesco ha tradotto nell’oggi gli insegnamenti sulla dignità, sulla giustizia sociale, sulla relazione tra capitale e lavoro». Toccante anche l’immagine delle scarpe nere, consunte, nella bara: «Ricordo quando non voleva mettersi le scarpe rosse! Per me sono un simbolo: rappresentano un uomo che camminava tra la gente più umile. Francesco è stato forse il più austero, ma è in linea con i suoi predecessori: Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI».

E il desiderio di essere sepolto a Santa Maria Maggiore? «Ma il Vaticano è vicino! Lontano è per noi in periferia…». Un tratto ironico che riecheggia anche nel ricordo di una frase familiare: «Ci diceva: non usate il mio nome per trarne beneficio. Già quando era nella Compagnia di Gesù ci avvertiva: non dite che siete miei nipoti, comportatevi bene».

Il legame con l’Argentina, invece, è rimasto solo nel cuore. Perché non è mai tornato a Buenos Aires? Pablo ci riflette: «Lui voleva tornare, ma riteneva che la situazione politica e sociale fosse troppo divisiva. Temeva che il messaggio di Gesù potesse essere strumentalizzato». Di nostalgia però non ha mai parlato apertamente. «Suppongo un pochino…», ammette Pablo. «Ma lui era un uomo di Dio, e quando nel discernimento capiva qual era la strada da intraprendere, andava avanti con decisione». Anche quando sapeva di non piacere a tutti, come dimostra la frase diventata famosa: “Pregate per me, e non contro di me”. «Sapeva che alcuni lo amavano e altri no. Forse per alcuni i cambiamenti sono stati troppo rapidi. Ma non riesco a credere che ci fosse qualcuno così cattivo da augurargli il male».

La sua eredità, secondo il nipote, è tutta in una frase: “Chi sono io per giudicare l’altro?”. «Il giudizio è di Dio, non nostro. Amare il prossimo non è solo un fatto personale, ma sociale. Francesco ci ricorda che dobbiamo organizzare la società in modo che ognuno abbia il suo posto. Non siamo giudici dell’altro, ma fratelli», ha concluso il nipote del Santo Padre scomparso nel lunedì dell’Angelo.

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Ultimo Aggiornamento: 29/04/2025 07:43

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