
L’ex primo ministro britannico Tony Blair ha lanciato una nuova e inattesa provocazione nel dibattito globale sul cambiamento climatico. In uno studio pubblicato dalla sua fondazione, Blair spiega che l’ambizioso obiettivo di eliminare completamente i combustibili fossili entro il 2050 sia una meta irraggiungibile.
Secondo l’ex leader laburista, la ragione risiede nella mancanza di sostegno da parte dell’opinione pubblica, che non è disposta ad accettare i sacrifici necessari, specialmente quando non vede ricompense tangibili, come la creazione di nuovi posti di lavoro o la promessa di una crescita economica derivante dalle politiche incentrate sulle energie rinnovabili.
Il paradosso climatico e le risposte del governo
Blair non nega l’urgenza di interventi per il clima, ma propone un cambio di rotta nelle politiche ambientali, accusando le attuali strategie di essere inefficaci e troppo allarmistiche. Il suo studio, intitolato “The Climate Paradox: Why We Need to Reset Action on Climate Change”, solleva la questione dell’inadeguatezza degli attuali piani e del fallimento delle promesse fatte da istituzioni internazionali come le Nazioni Unite e la Conference of Parties (COP), che non sono riuscite a fermare la corsa del riscaldamento globale.
Blair suggerisce che l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e l’energia nucleare, in particolare le mini centrali, siano soluzioni più promettenti per la transizione verso fonti di energia più sostenibili. La sua proposta non è solo quella di rivedere le politiche di decarbonizzazione, ma di farlo con un approccio che concilia l’ambiente e la crescita economica a breve termine.
Un discorso controverso e una politica sempre più polarizzata
Il rapporto ha sollevato aspre polemiche. Tra i suoi critici, spiccano i Verdi, che accusano Blair di essere moralmente e sostanzialmente in errore, sostenendo che le sue idee rischiano di compromettere la lotta al cambiamento climatico. Dall’altra parte, la destra britannica ha accolto con favore le sue osservazioni, ritenendole una conferma della necessità di rallentare la transizione energetica per evitare danni economici irreversibili.

Kemi Badenoch, leader del partito conservatore, ha commentato con soddisfazione: “Ora anche Blair riconosce l’importanza di estendere i tempi per una transizione più graduale“. L’ex-premier laburista, con il suo intervento, sembra quindi essersi allineato, almeno in parte, alla visione della destra sulla necessità di mantenere i combustibili fossili come parte fondamentale della politica energetica nazionale.
Una critica velata alla strategia del governo Starmer
A suscitare ulteriori discussioni è la possibilità che Blair stia cercando di influenzare la linea politica del Primo Ministro Keir Starmer. In effetti, alcuni osservatori ritengono che le politiche ambientali di Starmer stiano segnando un ritorno a scelte più pragmatiche e meno radicali rispetto a quelle presentate durante la sua opposizione al governo Tory.
Il governo laburista continua a perseguire l’obiettivo di zero emissioni entro il 2050, ma alcune recenti decisioni, come la sospensione di iniziative ambientali ambiziose, hanno suscitato critiche da parte degli ambientalisti. In questo contesto, Blair sembra suggerire un atteggiamento più equilibrato sulla questione per evitare al Labour di cadere nelle trappole delle destre. Il rischio per i partiti di centro-sinistra, però, è che una politica troppo moderata e cauta sull’ambiente possa alienare il sostegno dei giovani, in favore dei Verdi o verso l’astensione.
La strada verso un nuovo paradigma
L’intervento di Blair si inserisce in un dibattito che si sta facendo sempre più complesso, specie alla luce di ciò che è successo in Spagna e Portogallo, dove le rinnovabili sono sotto accusa per il blackout. La sfida non è solo quella di affrontare il cambiamento climatico, ma di farlo in modo che sia percepito come un obiettivo raggiungibile e non come un sacrificio insostenibile per le generazioni future.
Il dilemma è come conciliare l’ambizione ecologica con le esigenze economiche immediate di una popolazione che fatica a percepire i benefici tangibili di politiche che, se si vogliono evitare ipocrisie, richiedono una riduzione del tenore di vita. E forse sacrifici sociali non accettabili, perché la politica è stata miope e ha agito per ideologia e senza considerare le conseguenze. E ora anche l’Europa dovrà fermarsi a riflettere, anche se la Von der Leyen non sembra disposta a rallentare il suo “piano green“.