
Un cambio di data di nascita sull’Annuario Pontificio ha acceso i riflettori su Philippe Nakellentuba Ouédraogo, arcivescovo emerito di Ouagadougou, in Burkina Faso, e lo ha reso protagonista di un curioso e controverso episodio a ridosso del prossimo Conclave, in programma il 7 maggio. Un’annotazione apparentemente tecnica, ma che ha effetti molto concreti: sposta il cardinale dalla categoria degli esclusi, in quanto ultraottantenne, a quella dei partecipanti a pieno titolo all’elezione del nuovo Papa.
Leggi anche: Conclave, succede di tutto! I numeri parlano chiaro
Il caso ha suscitato reazioni ironiche sui social, dove non sono mancati riferimenti al calciatore Joseph Minala, noto per le polemiche legate alla sua età anagrafica. Così, qualcuno ha già ribattezzato il porporato “cardinal Minala”, con una punta di sarcasmo che si intreccia a una vicenda complessa, ma per nulla sconosciuta nei contesti anagrafici africani.
Un cambio che riapre le porte del Conclave
Nell’edizione 2024 dell’Annuario Pontificio, Ouédraogo risultava nato il 25 gennaio 1945. Dunque, alla data del Conclave, avrebbe già superato gli 80 anni, il limite massimo per esercitare il diritto di voto previsto dalle norme vaticane. Ma nel volume del 2025, la sua data di nascita viene indicata come 31 dicembre 1945, spostando di poco meno di un mese la soglia e mantenendo così l’eleggibilità del cardinale.
La modifica non è solo un dettaglio anagrafico: incide direttamente sulla composizione del collegio elettorale chiamato a eleggere il prossimo pontefice. È in questo contesto che la curiosità si trasforma in una questione di principio e regole, e in un interrogativo aperto su come la Chiesa cattolica gestisca queste delicate situazioni.
I documenti e la prassi dell’anagrafe in Burkina Faso
La nuova data di nascita non è, in realtà, una sorpresa. I documenti ufficiali di Ouédraogo riportano infatti il 31 dicembre 1945, ma tale data – come ha spiegato lo stesso cardinale – non corrisponde a un giorno realmente noto. È piuttosto una convenzione, utilizzata per anni in molte zone del Burkina Faso per registrare i bambini nati in contesti rurali, dove mancavano ospedali, scuole e uffici anagrafici.
Ouédraogo è nato in casa, nel villaggio di Konéan, senza che fosse annotata una data precisa. Quando, nel 1973, fu ordinato sacerdote, dovette indicarne una per esigenze burocratiche: l’attivazione di una assicurazione sanitaria presso un’organizzazione missionaria con sede ad Abidjan, in Costa d’Avorio. In quell’occasione, d’accordo con l’economo della diocesi, scelse il 25 gennaio come data arbitraria. “Fu una scelta casuale”, ha dichiarato al giornalista Hendro Munsterman, del quotidiano olandese Nederlands Dagblad, che per primo ha sollevato il caso.
Un sistema che solleva interrogativi
Il caso di Ouédraogo mette in luce un aspetto poco noto ma significativo: l’anagrafe africana, in molte regioni, ha funzionato per decenni secondo logiche diverse rispetto agli standard occidentali. Le date di nascita venivano assegnate in modo approssimativo o convenzionale, con una forte componente di praticità e necessità. In questo senso, il 31 dicembre è diventato una sorta di data “generica”, assegnata a chi non poteva dimostrare diversamente il giorno esatto della nascita.
Non è un caso isolato: l’uso di date simboliche è noto anche in altri Paesi, e ha spesso creato problemi legati alla certificazione dell’età, in ambiti scolastici, lavorativi e, come in questo caso, ecclesiastici. Tuttavia, la questione solleva un altro tema: quanto queste rettifiche anagrafiche, seppur tecnicamente giustificate, possano apparire opportune quando modificano l’eleggibilità di figure chiave in eventi di rilevanza mondiale, come un Conclave.
Le reazioni e il significato simbolico
Sebbene la correzione all’Annuario sia basata su documenti ufficiali, la tempistica ha destato perplessità. Il fatto che il cambiamento arrivi pochi mesi prima del Conclave lascia spazio a sospetti o ironie che, sebbene non fondati su prove, si sono moltiplicati online. C’è chi lo considera un espediente tecnico, chi una svista riparata, chi ancora una manovra per mantenere in gioco una figura influente nel collegio cardinalizio.

Tutto ciò non toglie che Philippe Nakellentuba Ouédraogo sia da anni una figura di primo piano nella Chiesa africana, con un forte impegno pastorale e sociale. Ma la sua partecipazione al Conclave, oggi formalmente possibile, è diventata anche un caso mediatico, destinato a lasciare una traccia nei dibattiti interni ed esterni al mondo ecclesiastico.
Il suo nome, ormai, è legato a una vicenda che va oltre la persona: racconta la complessità delle identità anagrafiche, la fragilità delle istituzioni nei Paesi in via di sviluppo, e la necessità di maggiore trasparenza e coerenza anche negli ambienti religiosi. In definitiva, la storia del “cardinal Minala” spinge a riflettere su quanto le regole formali e la realtà vissuta possano divergere, anche dentro le mura più antiche della cristianità.