
Nel corso di una recente audizione davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, l’ex commissario capo di polizia Lidano Marchionne ha fornito nuovi elementi che ridimensionano la pista internazionale legata al possibile scambio tra la giovane sparita nel 1983 e Ali Agca, l’attentatore di Giovanni Paolo II.
«Non si ebbe mai prova dell’esistenza in vita della ragazza – ha dichiarato – e lo stesso Ali Agca, all’epoca detenuto in esecuzione pena, in qualche modo si dissociò da questa richiesta di sua liberazione». Aggiungendo che, alla scadenza dell’ultimatum del 20 luglio 1983, «non furono avviate iniziative concrete per la scarcerazione di Agca» e non emerse «alcun elemento che potesse sostenere che la ragazza fosse viva».

Il ruolo della Digos e i primi dubbi
Marchionne, che all’epoca era in servizio alla Digos, ha spiegato di essersi occupato del caso solo «marginalmente», ma di essere stato coinvolto quando emerse l’ipotesi di un legame con Agca. «Mi colpì la cronologia dei fatti», ha ammesso, riferendosi alla strana coincidenza temporale tra l’intervento pubblico di Papa Giovanni Paolo II e le prime rivendicazioni da parte di gruppi vicini all’attentatore.
L’appello del Papa e la svolta nel caso
Il 3 luglio 1983, durante l’Angelus, Wojtyla pronunciò parole che cambiarono la percezione pubblica del caso:
«Desidero esprimere la viva partecipazione con cui sono vicino alla famiglia Orlandi – disse – la quale è nell’afflizione per la figlia Emanuela, di 15 anni, che da mercoledì 22 giugno non ha fatto ritorno a casa. Condivido le ansie e l’angosciosa trepidazione dei genitori, non perdendo la speranza nel senso di umanità di chi abbia responsabilità di questo caso».
Parole che lasciavano intendere una chiara consapevolezza da parte del Vaticano che non si trattasse di un allontanamento volontario, ma piuttosto di un rapimento legato a dinamiche più ampie, forse anche a ricatti.
La trattativa fallita e le voci misteriose
Secondo l’ex commissario, inizialmente le telefonate ricevute dalla famiglia erano «finalizzate a tranquillizzare i genitori» e sembravano alimentare la tesi dell’allontanamento volontario. Tuttavia, dopo l’appello papale, «ci fu una telefonata che fece riferimento alle precedenti, ma aggiunse la richiesta di liberazione di Agca come condizione per il rilascio della ragazza».
Marchionne ha ricordato il passaggio di consegne tra i primi interlocutori telefonici, noti come “Pierluigi” e “Mario”, e il cosiddetto “Americano”, che dal 5 luglio cominciò a porre la liberazione di Agca come oggetto centrale della negoziazione.
Nessuna prova della sua sopravvivenza
Tuttavia, ha concluso Marchionne, la trattativa non poté mai concretizzarsi: «Si arrivò fino all’ultimatum che avevano fissato, ma questa trattativa non andò in porto perché non ci fu mai prova certa dell’esistenza in vita della ragazza».
Un dettaglio che, secondo l’ex investigatore, indebolì definitivamente la credibilità del presunto scambio, lasciando spazio a ipotesi ancora oggi avvolte nel mistero.