
Se dici “Art Attack”, dici Giovanni Muciaccia. E se sei cresciuto tra gli anni ’90 e i primi 2000, ti basta sentire la sua voce squillante per ritrovarti catapultato in un mondo di cartoncini colorati, colla vinilica e… una certa testa gigante che faceva opere d’arte dal nulla. Ma chi è oggi Muciaccia, l’uomo che ha insegnato a una generazione che con un rotolo di scottex si poteva creare un dinosauro?
A 55 anni, Giovanni Muciaccia è ancora il “bravo ragazzo” della tv, ma con lo spirito di chi ha imparato a stare in equilibrio tra luci della ribalta e vita vera. «Io non fumo, mangio carne, bevo vino una volta a settimana e corro sulla via Francigena. Sono a dieta perenne», ha raccontato con semplicità e un pizzico d’orgoglio al Corriere della Sera. A casa ha una piccola palestra, fa sport, evita i dolci: insomma, altro che vita da ex ragazzo di successo alla deriva. Muciaccia si tiene in forma e lo fa con la stessa disciplina con cui, da giovane, incollava fogli su cartoni.
Ora è pronto a calcare un nuovo tipo di palcoscenico: quello teatrale. Il 2 maggio sarà al Teatro Manzoni di Milano con lo spettacolo “Ieri, oggi e domani”, un viaggio tra memoria, ironia e riflessione sull’Italia che cambia. Toccherà poi Roma e Torino. «Parlo dell’infanzia, della tecnologia, dell’intelligenza artificiale… ma sempre con leggerezza. Il mondo oggi mi preoccupa: la politica è diventata uno show e i politici sembrano pupazzi di cartone». La stoccata è servita, ma con il sorriso che l’ha reso celebre.
Dietro quel sorriso, però, non tutto è stato facile. C’è stato un momento in cui la televisione gli ha voltato le spalle. Un colpo basso arrivato all’improvviso, durante le feste di Natale del 2019. Il gelo, più che sotto l’albero, lo trovò tra i corridoi di Viale Mazzini. «Mi aggiravo come uno zombie. La Rai chiuse all’improvviso i miei programmi senza nemmeno una telefonata». Uno strappo doloroso, specie per chi alla divulgazione ci credeva davvero. Nessuna spiegazione, nessun incontro con il direttore di allora, Carlo Freccero. «Un programma culturale non si cancella come se fosse l’ennesima fiction da palinsesto. È stato un gesto scorretto».
Eppure, Giovanni non si è perso d’animo. «Avevo messo da parte qualcosa, mi ero costruito una vita anche fuori dalla tv. Vivo ancora di Art Attack. Il pubblico mi segue: sono tre generazioni che mi vogliono bene». E no, non è un’illusione da nostalgici. Lui c’è ancora, e continua a fare ciò che ama: scrivere, portare in scena spettacoli, partecipare a eventi. Sempre con quel mix di curiosità, arte e sorriso che ha fatto scuola.
La tv lo ha cercato ancora, ma lui ha saputo dire no. «Mi hanno offerto L’Isola dei Famosi quattro volte. Ho sempre rifiutato: non si mangia! E poi non è un’esperienza professionale. Non giudico chi accetta, ma spesso dietro certe scelte c’è bisogno economico. Io sono stato saggio: negli anni ’90 ho toccato il fondo, ho venduto la moto per vivere. Ma ho imparato a risparmiare». Oggi vive nella campagna romana con la moglie, Chiara Tribuzio, e i figli Edoardo e Maria Vittoria. «Abbiamo prugne, olive, solo prodotti bio. Viviamo semplicemente». Ma non senza avventure: «Faccio kite surf e ho rischiato di morire tre volte. Una nel canale d’Otranto, due all’estero. Il mare non perdona, ma dà grandi emozioni». E se un giorno la tv bussasse ancora? «Risponderei, ma senza illusioni. Ho capito che nella vita niente è eterno. Nemmeno i successi. L’equilibrio è tutto».