
Sembrava un viaggio come tanti. Uno di quelli dell’ora di punta, con i sedili consumati, i finestrini che si aprono a metà, e quel misto di stanchezza e abitudine negli sguardi. Nessuno parlava, qualcuno scrollava lo schermo del telefono, qualcun altro guardava fuori: alberi radi, muri pieni di scritte, un cielo opaco che sembrava ancora indeciso se aprirsi o restare lì, basso e grigio. Poi, improvvisamente, qualcosa si è spezzato. Un sussulto sotto i piedi, un rumore sordo, quasi un colpo. E poi quell’odore: forte, pungente, metallico. Il fumo ha iniziato a salire da sotto il pavimento, bianco, denso, come un’allerta che non lasciava spazio al dubbio.
Non c’è stato panico, ma il silenzio è diventato improvvisamente pesante. Le teste si sono girate, qualcuno ha tossito. Le porte non si sono aperte subito. È stato uno di quei momenti in cui il tempo cambia consistenza. Poi, finalmente, l’uscita. Ma non c’era una banchina. Solo pietre, erbacce e rotaie. I passeggeri hanno cominciato a scendere uno dopo l’altro, con passo incerto, in mezzo a quel corridoio ferrato che di solito si guarda da un finestrino. “Pensavo a mia figlia, che mi aspetta ogni mattina all’asilo. Ero lì, coi piedi sui binari, e non riuscivo a credere che stesse succedendo davvero”, racconta Elisa, ancora con la voce spezzata. Poco più avanti, un uomo sui trent’anni si ferma, scatta una foto e dice: “Siamo in Italia. Se non rischi la vita almeno una volta al mese sui mezzi, non sei parte del sistema”.

È accaduto tra Torre Annunziata e Pompei Villa dei Misteri, dove un treno della Circumvesuviana — il numero 1094 — è andato in avaria, interrompendo completamente la circolazione ferroviaria in quel tratto. Lo ha reso noto l’Eav, sottolineando che la linea è stata sospesa temporaneamente per motivi di sicurezza. Nessun ferito, ma grande paura tra i passeggeri e inevitabili disagi. Il convoglio si è fermato improvvisamente e il fumo ha invaso parte dei vagoni, costringendo i viaggiatori a evacuare e proseguire a piedi lungo i binari.
L’episodio è solo l’ultimo di una lunga serie che racconta lo stato di abbandono delle infrastrutture locali, soprattutto nel Sud del Paese. Treni vecchi, guasti ricorrenti, ritardi cronici: il trasporto pubblico, per migliaia di pendolari, non è un diritto ma una sfida quotidiana. A ogni avaria si aggiunge un’ombra in più sul futuro di queste tratte, spesso considerate marginali, periferiche, dimenticate. Ma sono le stesse tratte su cui si muovono studenti, operai, turisti, madri con i passeggini. E ogni guasto diventa una piccola resa, un segno di sfiducia che si sedimenta.
La manutenzione, i fondi, le responsabilità si perdono nei comunicati. Resta l’immagine di chi cammina sui binari, stringendo la borsa, mentre un treno fermo sbuffa l’ultimo fumo. Non è solo un disservizio: è un simbolo. E, come spesso accade in Italia, nessuno è davvero sorpreso.