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Ucraina-Usa, firmato l’accordo sulle terre rare: la svolta che cambia tutto. Mosca trema

Pubblicato: 01/05/2025 06:41

La firma è arrivata in nottata, dopo una giornata di tensioni e telefonate febbrili. Ma alla fine Donald Trump ha dovuto cedere. L’accordo tra Stati Uniti e Ucraina sullo sfruttamento dei minerali rari è stato ufficializzato con una dichiarazione congiunta che segna un punto di svolta nella strategia occidentale: non un semplice patto commerciale, ma un nuovo asse economico che lega i due Paesi sul medio e lungo periodo.

Kiev ottiene ciò che voleva: un fondo congiunto per utilizzare i ricavi delle concessioni in nuove forniture militari e investimenti per la ricostruzione, senza dover rimborsare gli aiuti militari ricevuti dal 2022. Washington, dal canto suo, si assicura l’accesso privilegiato a una risorsa industriale cruciale.

Una frenata improvvisa, poi il compromesso

Tutto sembrava pronto per la cerimonia di firma a Washington quando il segretario al Tesoro Scott Bessent ha annunciato che Kiev avrebbe modificato la bozza all’ultimo minuto. Il rischio di un naufragio era concreto, anche perché gli americani insistevano per destinare i proventi dell’accordo al rimborso diretto delle forniture belliche già erogate, per un valore stimato in 300 miliardi di dollari.

Ma la reazione di Kiev è stata ferma: nessuna concessione su un principio ritenuto essenziale. Le risorse ucraine — è stata la posizione del governo — devono servire a rafforzare il Paese, non a pagare un debito di guerra.

Il fondo Usa-Ucraina e la clausola strategica

La svolta è arrivata in nottata, con un nuovo testo. La versione finale dell’accordo, secondo fonti di Kiev e confermata da Reuters, prevede che il 50% dei ricavi confluisca in un fondo congiunto, da cui Washington potrà attingere per nuove forniture, ma senza vincoli retroattivi. Una clausola cruciale, perché trasforma il patto in una alleanza economica evolutiva e non in un semplice accordo di compensazione.

Nelle parole di Zelensky, è «un’intesa che guarda al futuro e non fa pagare all’Ucraina il prezzo della propria sopravvivenza». A breve, il fondo finanzierà l’arrivo di nuovi sistemi di difesa aerea.

Minerali, idrocarburi e sovranità industriale

Nel dettaglio, l’intesa copre venti minerali critici, tra cui titanio, litio, manganese, grafite e uranio. Sono materie prime essenziali per l’industria aerospaziale e per la transizione energetica. Nell’annuncio finale, pubblicato da Bloomberg, sono stati inclusi anche idrocarburi e gas, che inizialmente non figuravano nella bozza diffusa a Kiev. Su questo punto, secondo fonti ucraine, Zelensky ha fatto un passo indietro pur di blindare il pacchetto complessivo.

Resta però saldo il principio che tutti gli investimenti resteranno in Ucraina. Gli Stati Uniti otterranno la prelazione sulle concessioni, ma le attività produttive — estrazione, lavorazione, logistica — saranno sviluppate su territorio ucraino. È il cuore della visione di Kiev: trasformare la dipendenza economica in capacità strategica autonoma.

Clausole europee eliminate, il percorso Ue è salvo

Uno degli elementi che più aveva preoccupato i tecnici di Kiev era la presenza, nelle prime bozze americane, di clausole normative che avrebbero potuto ostacolare il processo di adesione all’Unione europea. Quelle clausole sono state eliminate, su richiesta esplicita della squadra negoziale guidata dalla ministra dell’Economia Yulia Svyrydenko. L’intesa viene ora presentata come perfettamente compatibile con i criteri europei, e anzi come uno strumento per rafforzare la posizione ucraina nel dialogo con Bruxelles.

È stato il premier Denys Shmyhal a guidare il confronto con il Tesoro americano, ma la svolta si è avuta sabato scorso a Roma, durante un incontro riservato tra Trump e Zelensky. In quell’occasione, il presidente ucraino avrebbe detto con chiarezza che l’intesa era pronta, ma solo se le condizioni restavano “eque e simmetriche”.

Il fantasma di Budapest e la richiesta di garanzie vere

Nelle versioni intermedie del testo era comparso anche un riferimento al Memorandum di Budapest del 1994, quando l’Ucraina rinunciò al suo arsenale nucleare in cambio di promesse di sicurezza poi disattese. Quel passaggio è stato infine rimosso, ma il senso politico resta intatto: Kiev chiede garanzie reali, fondate su interessi comuni e non su parole vuote. E il fondo economico, pur non essendo uno scudo militare, rappresenta un primo strumento tangibile di stabilità condivisa.

Un passo concreto verso la pace

L’intesa non è la fine della guerra, ma sposta l’asse del confronto. Per la prima volta, gli Stati Uniti accettano una partnership paritaria con Kiev, rinunciando a dettare condizioni unilaterali. Per l’Ucraina, è una prova di forza diplomatica: ha imposto la propria linea senza rinunciare all’alleanza. Il diavolo stava nei dettagli, ma stavolta è stato battuto da una visione più ampia: quella di un’Ucraina non solo sopravvissuta, ma pronta a rinascere.

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