
Fabio Marchese Ragona, vaticanista e biografo di papa Francesco, racconta i dettagli inediti e le confessioni più intime del pontefice, raccolte durante la stesura dell’autobiografia Life: La mia storia nella Storia. Il volume, edito da HarperCollins, sarà disponibile dal 3 maggio insieme al Corriere della Sera e alla Gazzetta dello Sport. Un progetto editoriale che diventerà un film, con il primo ciak previsto per la fine del 2025.
Tra episodi di quotidianità, aneddoti divertenti e momenti di profonda introspezione, emerge un ritratto umano e autentico di Jorge Mario Bergoglio, il primo Papa gesuita della storia.

I ricordi di guerra e il desiderio di pace
L’infanzia di Bergoglio si intreccia con gli eventi della Seconda guerra mondiale, un periodo che ha lasciato segni indelebili nella memoria del futuro Papa. «Aveva flash vividi: suo padre e sua madre urlare contro Hitler, il dolore delle storie raccontate da amici di famiglia che parlavano di bambini separati dalle loro madri. Per lui, quei racconti erano un trauma», spiega Ragona.
Nonostante la paura e il dolore, Bergoglio conserva un ricordo dolce del giorno in cui la guerra finì. «Rievoca una vicina che, gridando felice, disse a sua madre: “Signora Regina, esca, è finita la guerra!”. La gioia delle donne del quartiere, semplici e genuine, lo segnò profondamente, convincendolo a lottare per la pace per tutta la vita».
La dittatura in Argentina: «Un genocidio generazionale»
Un’altra pagina dolorosa della vita di Bergoglio è legata alla dittatura in Argentina, che lui definisce senza esitazione «un genocidio generazionale». Durante quegli anni bui, il futuro pontefice si impegnò per salvare vite, inclusa quella di due confratelli gesuiti imprigionati. «Andò persino da Videla per celebrare una messa e ottenere la liberazione dei due sacerdoti. Ci riuscì, ma non poté salvare un’amica, Esther, che gli era cara», racconta Ragona.
Le accuse di complicità con il regime, sollevate negli anni successivi, sono state un peso difficile da sopportare. «Nel 2010 fu interrogato per ore su quei fatti e uscì pulito. Diceva: “Era una brutta manovra di qualche sinistrino che voleva mettermi il cappio al collo”».

La depressione e il tempo del silenzio
Bergoglio ha condiviso anche episodi più personali, come il periodo in cui fu “esiliato” dai gesuiti: un’esperienza che definisce cruciale per la sua crescita spirituale. «Era una fase di profonda depressione», ricorda Ragona, «ma lui ha capito che quel tempo gli serviva per purificarsi. Lo trascorse confessando e leggendo libri sui Papi, senza immaginare che un giorno sarebbe diventato uno di loro».
Il conclave e il rifiuto inconscio
Quando il 13 marzo 2013 fu eletto Papa, Bergoglio non si sentiva pronto. «Mi ha raccontato di non voler entrare nella Cappella Sistina quel giorno. Si trattenne fuori, discutendo di testi sapienziali con il cardinale Ravasi, quasi a rimandare l’inevitabile. Diceva: “Inconsciamente non volevo essere eletto”», spiega Ragona.
Una volta pronunciato il “sì” alla chiamata del conclave, il primo pensiero di Bergoglio andò alla sua famiglia e ai poveri di Buenos Aires. «Ricorda la folla che lo acclamava e il desiderio di restare semplice, con la sua croce e le sue scarpe ortopediche. Non si trasferì nel Palazzo Apostolico perché, diceva, “avrei avuto bisogno di uno psicologo”».
Le sfide incompiute e il perdono
Tra le tematiche più delicate che papa Francesco sente ancora irrisolte, ci sono gli abusi nella Chiesa e il caso di Emanuela Orlandi. «Le definisce sfide incompiute e invita a lavorare con tenacia per trovare la verità», rivela Ragona.
Nonostante le difficoltà e le critiche ricevute nel corso del pontificato, Francesco ha sempre scelto il perdono: «Gliene hanno fatte di tutti i colori, ma lui ha perdonato sempre tutti».
Un uomo ironico e determinato
Bergoglio, oltre che sensibile e determinato, non ha mai perso il suo spirito ironico. Ragona ricorda scherzi e battute durante il loro lavoro insieme. «Una volta mi chiamò dicendo: “Sono el Coco, l’uomo nero. Anche se mi vesto di bianco”».
L’autore sottolinea anche i piccoli gesti quotidiani che rivelano l’umanità del Papa. «Quando finivamo di lavorare, mi accompagnava all’ascensore, mi faceva un segno di croce sulla fronte e scherzava: “Ora vai, non rompere le scatole”».
Un ritratto che, tra luci e ombre, restituisce la complessità e la straordinaria semplicità di un Papa che ha scelto di camminare vicino ai poveri e di restare fedele alla sua missione.