
Punto di svolta con la storica sentenza della Corte Suprema del Regno Unito, che ha stabilito che, ai fini legali, il termine “donna” si riferisce esclusivamente al sesso biologico alla nascita, escludendo le donne transgender anche in possesso di un certificato di riconoscimento del genere.
Nel frattempo, molti organi sportivi, inclusi comitati olimpici e federazioni internazionali, stanno rivalutando le loro politiche, spesso spinti da pressioni legali e preoccupazioni legate alla sicurezza fisica delle atlete biologiche. Il tema rimane altamente polarizzante, con posizioni spesso inconciliabili tra diritto all’identità e protezione delle categorie competitive. (Continua dopo le foto)

La Federcalcio inglese (FA) ha scelto di mettere in atto un cambio radicale della propria politica di inclusione, motivato dalla recente sentenza della Corte Suprema del Regno Unito sull’Equality Act. Anche la Federcalcio scozzese seguirà la stessa linea, introducendo il divieto a partire dalla stagione 2025/26.
Dal 1° giugno 2025, le donne transgender non potranno più partecipare a competizioni calcistiche femminili in Inghilterra, né a livello professionistico né dilettantistico. La nuova norma ribalta le disposizioni precedenti che permettevano alle donne trans di giocare nei campionati femminili previo monitoraggio dei livelli di testosterone, valutazioni su sicurezza e correttezza sportiva. Ora, tutto questo non sarà più sufficiente: la partecipazione sarà consentita solo alle atlete di sesso femminile alla nascita, si legge su Agi.
In seguito, la FA ha giustificato il cambiamento definendolo “necessario per garantire equità e sicurezza”. In un comunicato, l’associazione ha dichiarato: “Comprendiamo che questo sarà difficile per le persone che vogliono semplicemente giocare al gioco che amano nel genere con cui si identificano”. La FA ha assicurato che fornirà assistenza alle atlete trans già registrate per aiutarle a “rimanere coinvolte nel gioco in altri ruoli”.

La decisione ha scatenato reazioni contrastanti. Tra le voci critiche c’è Natalie Washington, attivista dell’associazione Football v Transphobia, che ha dichiarato all’agenzia Press Association: “Per me, e per molte che conosco, è la fine del calcio”. Washington ha sollevato anche dubbi sull’effettiva necessità del provvedimento, osservando che meno di 30 donne trans risultano registrate tra milioni di atleti dilettanti, secondo dati diffusi dalla BBC.
Dall’altro lato, Fiona McAnena, direttrice delle campagne dell’organizzazione Sex Matters, ha applaudito la FA: “Ha finalmente ascoltato le prove dei danni causati alle donne e alle ragazze dalla presenza di maschi biologici nelle squadre femminili”.
Anche il presidente di World Athletics, Sebastian Coe, ha ribadito il principio della “protezione della categoria femminile”, in linea con decisioni simili prese da altri sport come nuoto, ciclismo e atletica, in cui le restrizioni per atleti transgender sono state recentemente inasprite.
Il tema della partecipazione transgender nello sport è sempre più centrale a livello internazionale. Secondo Seema Patel, docente alla Nottingham Law School ed esperta di diritto sportivo, la decisione della FA appare “precipitosa”. Patel, che ha recentemente collaborato con la FIFA, ha auspicato un “approccio più collaborativo e sfumato”. “Mi sorprende che la FA sia intervenuta così drasticamente subito dopo la sentenza. C’era margine per una discussione più ampia”, ha dichiarato.

Le nuove regole della FA si inseriscono in un contesto più ampio in cui lo sport cerca di bilanciare due principi fondamentali: inclusività e equità competitiva. Sebbene la decisione dell’organo calcistico inglese sia stata accolta con favore da alcuni settori dell’opinione pubblica, resta il timore che possa escludere completamente le donne trans dalla partecipazione agonistica.
Nel Regno Unito, la politica del governo conservatore, in particolare quella dell’amministrazione di Rishi Sunak, ha espresso più volte posizioni vicine alla protezione delle categorie biologiche. Una linea che si avvicina a quella già annunciata negli Stati Uniti dall’amministrazione Trump, che ha limitato la partecipazione degli atleti transgender negli sport femminili attraverso un ordine esecutivo.
Mentre il calcio inglese si allinea alle tendenze internazionali, il dibattito sul futuro dello sport per tutti è tutt’altro che chiuso.