
Un’operazione antidroga si è trasformata in un caso sanitario e ambientale: la distruzione di un’enorme quantità di marijuana ha provocato un’intossicazione di massa tra la popolazione locale. Il fumo sprigionato durante la combustione ha investito interi villaggi, causando disagi per giorni e una lunga serie di malori, in particolare tra i bambini.
L’episodio ha scatenato forti proteste da parte dei residenti, che denunciano la totale assenza di misure di sicurezza e chiedono che la distruzione di sostanze stupefacenti avvenga in maniera più professionale e lontano dalle abitazioni. In molti, infatti, riferiscono di non essere riusciti neppure ad aprire le finestre per giorni, con effetti negativi sulla salute di migliaia di persone.
Il caso nella provincia di Lice: 20 tonnellate bruciate in campo aperto
Il fatto è avvenuto nella provincia di Lice, nel sud-est della Turchia, a maggioranza curda. Qui la gendarmeria aveva sequestrato 20 tonnellate di marijuana coltivate e prodotte localmente. Le balle della droga sono state disposte sul terreno fino a formare la scritta “Lice” e poi incendiate, mentre un drone ne documentava la distruzione con immagini dall’alto.
L’indignazione: “Non è propaganda, è un disastro”
A scatenare ulteriore rabbia è stato proprio questo gesto simbolico, interpretato dai residenti come una forma di esibizionismo istituzionale che ha ignorato del tutto le conseguenze per la popolazione. Secondo fonti locali, 25mila persone sarebbero state esposte ai fumi tossici, con un numero elevato di bambini colpiti da malesseri dopo il rientro da scuola.
“La droga va bruciata in impianti specializzati, non nei campi vicini alle nostre case”, denunciano i cittadini. Ora si attende una risposta da parte delle autorità, che potrebbero essere chiamate a rispondere anche sotto il profilo della responsabilità ambientale e sanitaria.