
Un barattolo di Nutella da 350 o 400 grammi venduto online a dodici centesimi di dollaro. Accanto, ovetti Kinder e Kinder Bueno offerti a condizioni simili. Tutto regolarmente esposto su Alibaba.com, la piattaforma cinese specializzata in forniture all’ingrosso. I prezzi sono talmente bassi da sembrare irreali. E infatti, forse lo sono.
Dietro l’apparente convenienza si apre una vicenda ben più complessa, che chiama in causa la tenuta del Made in Italy, la sicurezza dei consumatori e la capacità di regolazione dei grandi marketplace digitali. Con una certezza: Ferrero, azienda piemontese tra le più solide e rispettate al mondo, potrebbe essere la prima danneggiata da questo sistema opaco.
Marchi originali o cloni ben confezionati?
I prodotti appaiono come autentici: etichette, marchi, immagini sono quelle ufficiali. Ma i prezzi fuori mercato – da 0,12 a 1 dollaro a pezzo – aprono interrogativi legittimi. Si tratta davvero di articoli originali? Se sì, chi li sta vendendo e a quali condizioni? Se no, siamo davanti a un caso di contraffazione organizzata, veicolata attraverso una delle piattaforme commerciali più vaste del mondo.
Ferrero non risulta coinvolta né ha autorizzato alcun tipo di vendita del genere. E qui sta il punto: l’azienda stessa potrebbe trovarsi a dover rincorrere una filiera incontrollabile, dove il proprio marchio viene usato impropriamente e senza alcun margine di intervento preventivo.
Una minaccia globale che parte dall’impunità digitale
La questione non riguarda solo il singolo prodotto. È il modello di distribuzione internazionale a finire sotto accusa. Un sistema in cui le piattaforme ospitano venditori anonimi, i controlli sono frammentari e la tutela della proprietà intellettuale dipende da segnalazioni a posteriori.
In questo scenario, aziende come Ferrero possono solo subire. Subire la concorrenza sleale, la diffusione di copie potenzialmente pericolose per la salute, la perdita di reputazione e l’erosione del valore costruito in decenni.
Un danno per l’intera filiera italiana
Il danno economico e d’immagine colpisce non solo Ferrero, ma tutti i produttori italiani che investono in qualità e tracciabilità. È un colpo alla credibilità del Made in Italy, che rischia di sciogliersi come una crema al sole di fronte a un mercato digitale che sfugge a ogni logica industriale.
L’indifferenza non è più un’opzione. Serve una risposta immediata delle autorità italiane ed europee, a tutela delle imprese e dei cittadini, contro una pratica che mina i fondamentali del commercio leale e della sicurezza alimentare.