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Cibo ultra processato, lo studio choc: più ne mangi più rischi di morire

Pubblicato: 04/05/2025 15:09

Si riaccende la discussione internazionale sugli effetti degli alimenti ultra processati (UPF) sulla salute. A rilanciare il tema è un nuovo studio pubblicato sull’American Journal of Preventive Medicine, che associa in modo diretto l’elevato consumo di cibi industriali a un aumento del rischio di morte per tutte le cause.

Il nesso tra dieta e mortalità era già stato evidenziato in studi precedenti, ma in questo caso emergono due elementi di forte interesse per la comunità scientifica: il confronto tra otto Paesi con modelli alimentari molto diversi, e la presenza tra gli autori di Carlos Augusto Monteiro, il ricercatore brasiliano che nel 2009 ha coniato il termine ultra processati e creato la classificazione NOVA.

I dati: fino al 54% delle calorie dagli UPF

Lo studio ha analizzato la percentuale di calorie derivanti da UPF nelle diete nazionali di otto Paesi. I valori più alti si registrano negli Stati Uniti (54,5%) e nel Regno Unito (53,4%), seguiti da Canada (43,7%), Australia (37,5%), Messico (24,9%), Cile (22,8%), Brasile (17,4%) e Colombia (15%).

Ogni 10% in più di UPF, il rischio di morte cresce del 3%

In media, secondo i ricercatori, ogni incremento del 10% nella quota di calorie da UPF si associa a un aumento del 3% del rischio di morte. Tuttavia, il rapporto varia notevolmente da Paese a Paese. Negli Stati Uniti e nel Regno Unito, il rischio sale fino al 14%. In termini assoluti, questo equivarrebbe a 124.000 decessi evitabili negli USA, 18.000 nel Regno Unito e 2.800 in Colombia.

Monteiro: “Serve intervenire con regole e campagne educative”

Secondo Monteiro e colleghi, i risultati confermano la necessità di interventi urgenti, tra cui:

  • tassazione degli UPF;
  • incentivi per alimenti freschi e minimamente trasformati;
  • modifica delle linee guida nutrizionali;
  • campagne educative che promuovano le tradizioni culinarie locali.

Lo studio completo è disponibile su American Journal of Preventive Medicine.
Maggiori informazioni sul sistema NOVA sono reperibili su FAO – NOVA classification.

Le critiche: “Non c’è una prova causale diretta”

Non mancano però le voci critiche. Alcuni esperti, come Stephen Burgess dell’Università di Cambridge, ricordano che si tratta di studi osservazionali, incapaci di dimostrare un rapporto di causa-effetto.

Altri, come Alex Robinson della no profit britannica Hubbub, invitano a non generalizzare: “Non tutti gli UPF sono uguali. Alcuni sostituti vegetali della carne, ad esempio, sono sicuri e utili per ridurre il consumo di carne rossa e trasformata”.

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Ultimo Aggiornamento: 04/05/2025 21:14

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