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Foulard, motoseghe e pitoni blu: scoppia la polemica per i reati a Giorgia Meloni. E non solo

Pubblicato: 04/05/2025 07:38

Un foulard firmato Edi Rama, una ciotola di Joe Biden, un paio di scarpe in pitone blu con tacco dorato, un iPad da Zelensky e l’action figure di Javier Milei con tanto di motosega. A completare il campionario ci sono cappelli da alpino e da bersagliere, tappeti, vasi, gioielli e perfino un pacco di riso Made in Pakistan. Sono alcuni dei circa 270 regali che Giorgia Meloni avrebbe ricevuto durante i suoi viaggi ufficiali. E, come da prassi, sono finiti tutti sotto chiave al terzo piano di Palazzo Chigi, affidati al Cerimoniale.

Gli oggetti, se valgono più di 300 euro, non possono essere trattenuti dal presidente del Consiglio. Possono essere donati, esposti, oppure rimanere lì a prendere polvere, in attesa che qualcuno li trasformi in mostra. Ma la vera mostra, intanto, è quella andata in scena in Parlamento.

Dall’inventario alla polemica interministeriale

A scatenare l’elenco è stato Francesco Bonifazi, deputato di Italia Viva, che ha chiesto ufficialmente conto dei regali. Ma prima che la Camera potesse prenderne atto, erano già finiti sui giornali. E il primo a montare sulla polemica è stato il capogruppo di Fratelli d’Italia, Galeazzo Bignami, che rilancia con una proposta d’archivio: “E i regali di Renzi, Gentiloni e Conte? Li vogliamo vedere anche quelli. Non è che qualcuno ha fatto la collezione di tappeti persiani e noi non lo sappiamo?”.

Dal canto suo, Raffaella Paita, capogruppo Iv al Senato, non si tira indietro. “Benissimo la trasparenza, ma allora facciamola completa: vogliamo anche le fatture e i bonifici dell’abitazione privata della premier. E per par condicio, vi mostriamo noi quelli di Renzi”. Una specie di scambio alla pari: foulard per mutui, motoseghe per bollette.

Vecchie ruggini e nuovi bonifici

Il senatore Maurizio Gasparri non perde occasione per ricordare che “Renzi forse non ha reso noti i regali, ma ha ben documentato i compensi milionari all’estero. Una carriera breve, ma con interessanti margini di profitto”. Più che un confronto sugli oggetti, ormai sembra una gara a chi monetizza meglio la politica.

Entra in campo anche il vicecapogruppo FdI al Senato, Raffaele Speranzon, che nota con spirito investigativo: “La senatrice Paita è un po’ agitata… magari sa qualcosa che noi non sappiamo?”. Una linea difensiva sottile, ma sempre efficace: se ti scaldi, hai qualcosa da nascondere.

La risposta finale: ironia e cartelle in mano

Ma Paita, invece di raffreddarsi, rilancia: “FdI continua a sfuggire alla nostra richiesta. Noi chiediamo massima trasparenza su tutto: case, regali, bonifici. Ci state? Noi sì. Anche se capisco che per alcuni la lettura degli atti sia complicata…”. Non proprio un colpo basso, ma il tono è quello.

Alla fine, tra foulard, ciotole, motoseghe e fatture, l’unico ad aver mantenuto la calma è stato probabilmente il pitone blu. Tutto il resto, come spesso succede, è finito in rissa istituzionale da inventario.

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