
Una serata di maggio si trasforma in tragedia a Settala, nel Milanese. Una donna muore in casa sotto gli occhi della figlia di 10 anni. A colpirla è il marito. La piccola chiama i soccorsi, ma per la madre non c’è più nulla da fare. Il quartiere si stringe nel dolore, mentre la giustizia inizia il suo cammino.
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Il giudice parla chiaro. Racconta un uomo fermo nella volontà di colpire e freddo di fronte alla tragedia. Nessuna chiamata al 112. Solo la voce disperata della bambina: “Papà, no!”, sentita da un vicino. L’ordinanza della gip di Milano, Emanuele Mancini, descrive un episodio brutale.
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Il delitto avviene il 3 maggio. L’autopsia viene fissata per venerdì. Il marito, 50 anni, si chiama Khalid. La vittima è Amina, 43 anni. L’accusa è omicidio pluriaggravato. Il giudice parla di una violenza “inusitata”. L’indagato rischia l’ergastolo.
Quindici coltellate davanti alla figlia

I carabinieri trovano la donna senza vita e la figlia ancora sotto shock. La bambina conferma tutto. Anche Khalid ammette il delitto, ma prova a giustificarsi. Dice di aver agito in uno “stato di ira”. Secondo lui, la moglie lo minacciava di denunciarlo. La giudice non gli crede. Parla di un uomo che non mostra consapevolezza, pronto a colpire di nuovo.
L’arma è un coltello da cucina. I colpi inferti sono almeno quindici. Uno solo basterebbe, ma il medico legale conta anche gli altri. Khalid, durante l’interrogatorio, dice di non ricordare tutto. I medici dicono il contrario.
Denunce precedenti e problemi in casa
Nel 2022, Amina aveva già denunciato violenze. I vicini di casa descrivono un uomo spesso fuori controllo. L’avvocato Giorgio Ballabio, che difende Khalid, riferisce che il suo assistito ha problemi con l’alcol. Il giudice parla di un rischio concreto: l’uomo, se libero, potrebbe colpire ancora.